Casa Bertoia, recupero non in regola Il Comune perde al Consiglio di Stato
FIUME VENETO
Il Consiglio di Stato ha respinto per infondatezza l’appello del Comune di Fiume Veneto su Casa Bertoia, condannando il municipio a rifondere le spese di giudizio (4 mila euro) a una cittadina. La residente, assistita dall’avvocato Gianna Di Danieli, ha chiesto al Tar di annullare tutta una serie di provvedimenti relativi all’intervento di ristrutturazione e ampliamento su Casa Bertoia autorizzato dal Comune in favore della Co.ge srl. Lo stabile di pregio si erge in centro storico di fronte all’abitazione della residente.
Il Tar ha ritenuto l’intervento di ricostruzione in ampliamento assentito dal Comune non compatibile con la disciplina edilizia e urbanistica prevista dalla variante 55 del Prgc. Il Comune di Fiume Veneto ha proposto appello, difendendo il proprio operato: a suo avviso l’unico modo per recuperare le caratteristiche storico-architettoniche di Casa Bertoia, coinvolta in un crollo accidentale, era la ricostruzione filologica dell’edificio. La Regione ha resistito all’appello.
Nel maggio 2012, i proprietari di Casa Bertoia hanno chiesto un permesso di costruire per il “recupero e ampliamento a fini igienico sanitari”, al fine di ricavare un locale commerciale e un’abitazione. In sostanza i lavori originariamente autorizzati dal Comune consistevano nella ridefinizione delle disposizioni interne, con mantenimento delle volumetrie complessive, salvo la parziale revisione delle murature perimetrali. Si sarebbero dovute rispettare le prescrizioni imposte dalla Sovrintendenza e dalla Commissione edilizia. In seguito i titoli edilizi sono stati volturati in favore della ditta Co.Ge. s.r.l., mai costituita in giudizio. Nel 2015 la ditta ha chiesto la declaratoria di inagibilità, allegando una relazione dalla quale emergeva la necessità di procedere alla totale demolizione del fabbricato. Richiesta alla quale non è stato dato seguito. Il Comune ha ingiunto alla Coge di provvedere alla sola messa in sicurezza dello stabile, autorizzando interventi specifici, come demolizioni parziali. A novembre 2015 la ditta ha comunicato di aver provveduto alla totale demolizione. Il Comune ha effettuato due sopralluoghi, constatando nel primo la totale demolizione, nel secondo che la demolizione dei due fabbricati non era stata completata e resisteva una parte del muro perimetrale sul quale innestare la ricostruzione filologica.
Per i giudici d’appello non vi è prova di un crollo accidentale e risulta singolare che si parli invece di demolizione. La ricostruzione filologica di un edificio, però, richiede la presenza di evidenti tracce del manufatto, non basta un lacerto di muro. —
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