Cartello del tondino, mancano le prove: sfuma la megamulta al gruppo Pittini

L’appello conferma la sentenza del Tar che bocciò l’Antitrust. L’autorità aveva sancito 43,5 milioni di euro come sanzione

UDINE. La multa di 43,5 milioni di euro inflitta al gruppo Pittini dall’Antitrust nel 2017 con l’accusa di aver partecipato a un cartello insieme ai principali produttori di tondi per cemento armato e reti elettrosaldate va definitivamente in archivio. La sentenza del Tar del Lazio, che un anno a mezzo fa aveva dato ragione ai produttori e che era poi stata impugnata dall’Agcom, viene ora confermata in appello dal Consiglio di Stato.

Lo scorso 16 gennaio 2020, in camera di consiglio, i giudici hanno infatti ribadito nella sostanza quanto già affermato in primo grado dal Tribunale amministrativo e cioè che non siano sufficienti elementi di prova tali da avvalorare la violazione della legge sulla concorrenza nel periodo tra il 2010 e il 2016.

Ai produttori ci sono voluti poco più di due anni per chiarire la propria posizione rispetto a una vicenda, presunta, che li ha visti costretti ad accantonare sui rispettivi bilanci somme (pari alle multe inflitte) non esattamente indifferenti. Il totale delle sanzioni, spazzate via ora insieme all’ipotesi di reato dalla sentenza del Consiglio di Stato, ammontava infatti a 140 milioni di euro complessivi comminati a 8 produttori siderurgici.

A rischiare il prezzo più salato è stato proprio il gruppo Pittini che tra Ferriere Nord e la holding Fin.Fer si era visto infliggere una multa da ben 43,5 milioni di euro, pari al 4 per cento del proprio fatturato, seguito da Feralpi Siderurgica (29,4), Ferriera Valsabbia (10,8 milioni), Riva Acciai (15 milioni), Ori Martin - Acciaieria e Ferriera di Brescia (7 milioni), Industrie Riunite Odolesi Iro (6,3 milioni) e Stefana (119 mila).

Dopo la sentenza del Tar, oggi i produttori incassano dunque anche il pronunciamento in loro favore del Consiglio di Stato al quale l’Antitrust aveva proposto ricorso in appello. Stando all’Autorità garante del mercato e della concorrenza (Agcom) gli otto produttori avrebbero avuto per sei lunghi anni, tra il 2010 e il 2016, un’intesa unica, continuata e complessa in grave violazione dell’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, avente a oggetto il coordinamento delle reciproche politiche commerciali sui mercati nazionali dei due prodotti interessati, dove esse complessivamente rappresentano più dell’80% dell’offerta. In sistematiche occasioni di incontro periodico, i produttori erano “accusati” di aver definito in modo concertato i prezzi di vendita sia del tondino che della rete elettrosaldata facendoli poi divenire riferimento per tutto il mercato.

Ferriere Nord aveva da subito sostenuto la propria estraneità agli addebiti. Nessun esponente dell’azienda aveva partecipato alle riunioni della Commissione prezzi, né vi erano prove di assenso preventivo ai pretesi accordi intervenuti in seno alla stessa commissione: questa la tesi difensiva.

Oggi ogni accusa viene meno e consente come detto ai produttori di tirare un sospiro di sollievo, ma soprattutto si sbloccare le risorse accantonate in via precauzionale a bilancio nel caso in cui il braccio di ferro giudiziario con l’Antitrust si fosse concluso a loro sfavore, confermando cioè le pesanti sanzioni.

«Il Consiglio di Stato – si legge in una nota diramata da Feralpi – ha inequivocabilmente statuito che gli addebiti mossi dall’Autorità erano basati su meri indizi del tutto insufficienti a dimostrare la violazione, giacché non corroborati da alcun riscontro».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto