Caro regionale, quanto costi: stipendi tra i più alti d’Italia

UDINE. Continua il braccio di ferro tra Regione e sindacati sul rinnovo contrattuale dei 14 mila dipendenti degli enti locali. Lo sciopero regionale proclamato per il 25 maggio, che investirà oltre 50 mila lavoratori, tutti quelli attivi nell’ambito dei pubblici servizi (eccetto la scuola e l’esercito), resta confermato.
Con un’unica incognita, rappresentata dalla convocazione delle parti sociali a un nuovo tavolo di trattativa per domani. Tavolo sul quale la delegazione trattante dovrebbe presentare una proposta migliorativa. Alla richiesta di anticipazioni avanzata dal sindacato, la Regione ha risposto picche, acconsentendo unicamente all’istanza di spostare a Gorizia l’incontro per consentire lo svolgimento di un’assemblea dei lavoratori già calendarizzata.
La concessione sarà sufficiente a far ripartire la trattativa interrotta? Il sindacato non si sbilancia, la partita è delicata, la proclamazione dello sciopero è impegnativa, allargata com’è a tutta la sfera dei servizi pubblici.
Dal canto suo le condizioni per sedersi nuovamente al tavolo il sindacato le ha dettate, in modo assai perentorio, chiedendo di visionare in anticipo la proposta sulle risorse finanziarie messe a disposizione, sia per l’incremento degli stipendi tabellari, sia per le quote di salario accessorio da destinare al riordino istituzionale, e ancora rivendicando garanzie sull’indennità di vacanza contrattuale.
Il tema è caldo e non poteva esserci occasione migliore per uno storico detrattore del comparto unico qual è il sindaco di Gemona, Paolo Urbani, per infilarcisi. Grida allo scandalo il primo cittadino dinnanzi alla proclamazione della protesta.
«Non si accontentano più della maggiorazione che già percepiscono, va detto immotivatamente, rispetto ai colleghi delle altre regioni, ora i dipendenti degli enti locali rivendicano addirittura un aumento tre volte tanto quello che a livello nazionale è disposto a concedere il governo: non lo 0,4 per cento in tre anni, ma lo 0,4 per cento da qui al 2018, dunque a regime l’1,25 per cento. È inaccettabile».
Il rinnovo del contratto rianima la vecchia polemica attorno alla stessa esistenza del comparto unico regionale. Istituito alla fine degli anni ’90 per rendere possibile la mobilità dei dipendenti tra Regione, Province e Comuni, nonché per remunerarli dei maggiori oneri sostenuti causa le competenze assegnate alla Regione autonoma, è da sempre nel mirino. Sulla sua utilità il dibattito è aperto da anni, così come sui suoi costi.
«I “nostri” – afferma Urbani scorrendo gli stipendi di un dipendente Fvg paragonati a quelli di un collega di Regione ordinaria – guadagnano a parità di categoria e livello da un minimo del 4,72 per cento a un massimo del 22,70. Se nel caso degli A e B, vale a dire di operai e inservienti, l’aumento resta confinato sotto il 10 per cento, dalla categoria C, quella degli impiegati, inizia invece a pesare».
Un C7 con contratto nazionale percepisce circa 23,4 mila euro l’anno (esclusi indennità e premi di risultato), un dipendente della stessa categoria e stesso livello in Fvg ne mette invece in tasca 27 mila: 3,5 mila euro in più, il 15,28 per cento. Passando ai quadri, categoria D, il salto aumenta ancora.
Un D1 in Fvg prende 27,4 mila euro, 4,6 mila in più del collega veneto, fino ad arrivare al D8 che percepisce il 22,70 per cento in più di un dipendente dello stesso livello con contratto nazionale: 37,2 mila euro al posto di 30,3.
Urbani sfodera un suo vecchio cavallo di battaglia: «Il comparto unico dovrebbe essere disdetto, non rinnovato. Credo, visti i tempi, che nessuno avrebbe nulla da dire, considerato il privilegio di poter contare su un posto sicuro».
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