Caporalato Fincantieri, sfilano i bengalesi

Al processo parlano i lavoratori delle ditte che operavano in subappalto. Altre deposizioni in luglio
Di Franco Femia

MONFALCONE. A chi faceva la doccia dopo aver terminato il lavoro trattenevano 30 euro al mese. Da una busta paga che non riportava mai i soldi dovuti per il lavoro svolto. È quanto emerge dalla deposizione resa ieri al processo per capolarato negli appalti al cantiere navale di Panzano da Hague Zahiri, uno dei bengalesi che ha lavorato prima con la Italgreen e poi con la Seawork, due ditte che lavoravano in subappalto alla Fincantieri. Zahiri ha spiegato di essere stato assunto dalla Sea Work con un contratto che prevedeva una paga oraria di 4,50 euro. «In un mese lavoravo tra le 180 e le 200 ore», ha riferito rispondendo a una domanda del pm Michele Martorelli, anche se poi è emerso, nel corso del contraddittorio, che in alcuni mesi le ore erano minori perché c’era meno lavoro. Zahiri ha spiegato anche di non essere mai stato pagato secondo contratto sindacale e quando si rivolgeva alla ditta per lamentarsi i titolari gli rispondevano che avrebbe ricevuto i soldi mancanti nei mesi successivi.

«Quando insistevo per avere i soldi che mi spettavano - ha detto il bengalese - Peppe (Giuseppe Commentale, ndr) mi rispondeva male: “Se dici qualcosa in più ti mando a casa”. Negli ultimi tre mesi di lavoro andavo da Pasquale Commentale per lamentarmi e una volta mi diede 50 euro». Era stato anche minacciato di non rivolgersi al sindacato, altrimenti non avrebbe avuto contratti con altre ditte. Non è emerso invece, almeno nella lunga deposizione di Zahiri, che qualcuno avesse alzato le mani nei confronti dei lavoratori delle ditte dei Commentale.

La sfilata dei testi della pubblica accusa, in particolare di lavoratori bengalesi non è finita. Si concluderà nell’udienza del 10 luglio quando è prevista anche la deposizione di Thomas Casotto, segretario della Fiom-Cgil, che si è costituita parte civile assistita dall’avvocato Manuela Tortora. Seguiranno, poi, nelle udienze successive i testi indicati dalla difesa prima di arrivare alla discussione prevista entro la fine dell’anno.

In questo procedimento sono imputati di associazione per delinquere ed estorsione aggravata Angelo Commentale, 59 anni, e i figli Giuseppe 37 e Pasquale 32, assieme agli operai Amin Ruhul, 48 anni, e Alessandro Rispoli, 46, nonché Anna De Simone, 55, moglie di Angelo Commentale, e Miah Kabir, 43, quest’ultimo in relazione alla sola accusa di estorsione.

L’inchiesta della Procura della Repubblica aveva portato alla scoperta di un’organizzazione che, secondo il capo di imputazione, era dedita principalmente all’estorsione ai danni dei cittadini bengalesi (alcuni si sono costituiti parte civile), sfruttandone l’attività professionale, sottopagandoli e costringendoli con violenza e minaccia ad accettare condizioni deteriori rispetto a quelle previste dalla contrattazione collettiva di lavoro. Il tutto attraverso il succedersi delle ditte riconducibili ai Commentale, come la Edilnaval, la Navalplanet e la Sea Work, con identico oggetto sociale e sostanziale identità organizzativa.

Oltre alla Fiom-Cgil, si sono costituiti parte civile anche 16 lavoratori bengalesi: citate quali responsabili civili la Edilgreen e la Sea Work, mentre sono state escluse la Fincantieri e le ditte di appalto Danmont e Sait nonostante le richieste avanzate dalle parti civili.

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