Cantiere per la terza corsia: giù il ponte sul Tagliamento, quell'opera all'avanguardia che unì il Friuli al Veneto

La distanza è di un chilometro e cento metri. I piloni sono 102 e le campate 48. Di tanto si “stiracchia” il Friuli Venezia Giulia per raggiungere il Veneto attraverso il ponte sul Tagliamento, da 56 anni il simbolo architettonico d’unione tra le due regioni. Entro luglio il manufatto, un’opera all’avanguardia negli anni Sessanta, verrà definitivamente demolito per fare spazio al nuovo ponte autostradale.
La sua storia, l’appalto, la scelta dei materiali e le modalità costruttive rivivono nelle parole di Paolo Petrucco, storico fondatore della Icop di Basiliano, vincitore dell’appalto e costruttore del ponte. All’epoca, 56 anni fa, Paolo aveva appena 30 anni e la sua fu una scommessa architettonica e familiare: «Mi scontrai con mio padre che non voleva affatto concentrare la produzione di calcestruzzo in un unico impianto centralizzato a ridosso del cantiere. Ma il mio modello organizzativo era diverso. Era all’avanguardia», ricorda Petrucco.
L’opera arrivò a costare 900 milioni di lire e venne completata in due anni. Per ridurre tempi e spese, venne creato sul posto un impianto di prefabbricazione: «Uno simile c’era solo a Venezia, realizzato - spiega il fondatore dell’Icop - per la costruzione dell’aeroporto di Tessera. Proprio lì vidi operare l’impianto automatico di betonaggio e le prime autobetoniere. Così prendemmo spunto».
Una scommessa voluta e vinta anche dall’avvocato Agostino Candolini, presidente di Autovie negli anni 60, che diede un deciso impulso alla costruzione dell’autostrada Trieste-Venezia, partendo proprio dai ponti. Alla gara per quello sul Tagliamento parteciparono dieci imprese e, dopo una prima selezione, a contendersi il manufatto fu proprio l’ “Impresa Alvise Petrucco”, nota per aver costruito il cavalcavia Simonetti di via Cividale a Udine. All’opera lavorarono 50 persone, soprattutto operai arrivati dalla Carnia.
Alla definizione degli aspetti costruttivi e all’ideazione degli impianti ci pensò Pierino Burba, il cui nome è legato alle grandi opere firmate dalla Icop. «Provo ancora nostalgia per quei tempi. Lavoravamo giorno e notte con entusiasmo e senza risparmiarci. Quell’opera - ammette Petrucco - segnò una svolta non solo per la nostra impresa ma anche per tutto il territorio. Nel 1966 la gente riuscì a mettersi in salvo dall’alluvione portando anche gli animali sul ponte».
Il collegamento fu la prima grande opera realizzata da Autovie per unire la neonata Regione autonoma Friuli Venezia Giulia con il Veneto. Pur progettato per sopportare un flusso di traffico elevato, il manufatto attualmente risulta inadeguato, tanto che per non interrompere i transiti, Autovie ha introdotto una serie di limitazioni al traffico pesante. Completato il primo dei due viadotti che costituiscono il nuovo ponte e spostato il traffico, è iniziata così la demolizione, per fasi, del vecchio: prima è toccato all’impalcato poi ai piloni e infine alle fondazioni. L’intervento coinvolgerà i comuni di Ronchis per la parte più a est e di San Michele al Tagliamento per la porzione verso ovest.
La struttura, composta da travi prefabbricate in calcestruzzo e pulvini con annesse spalle laterali in cemento armato, è costituita da due ponti separati da un terrapieno. L’intervento di demolizione ha preso il via a fine marzo e si concluderà nel mese di luglio. Una ventina di persone sono impegnate quotidianamente mentre sono all’opera escavatori dotati di pinze, martelloni, benne, autocarri e autoarticolati. Un “piccolo esercito” per garantire la migliore tutela ambientale possibile e per ridurre il rumore e le polveri prodotte.
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