Cambiò gestore telefonico, nessuna penale

UDINE. Pretendeva dal cliente 11 mila 504 euro per il recesso anticipato del contratto telefonico. E lo faceva, fatture alla mano, ricordando le condizioni sul vincolo biennale contenute nel contratto sottoscritto dall’utente. Eppure, di quelle clausole non è stata trovata traccia. Motivo più che sufficiente, secondo il giudice civile, per disporre la revoca del decreto ingiuntivo che aveva imposto all’Apd Ludos di Lignano Sabbiadoro il versamento dell’intera somma, interessi di mora e spese legali compresi, alla Vodafone Omnitel Nv. La sentenza è stata emessa ieri dal tribunale di Udine.
Il piano tariffario
Tutto comincia nel febbraio del 2009, con la sottoscrizione da parte della Ludos - associazione nota per la promozione e organizzazione di eventi sportivi, come i campionati di “Beach soccer” all’ufficio 7 di Sabbiadoro - di un contratto per la fornitura di servizi telefonici con Vodafone denominato “Mio business zero”. Il piano tariffario prevedeva l’utilizzo di diverse Sim, destinate ai collaboratori del sodalizio, con applicazione del solo costo dell’effettivo consumo del traffico.
Nella prima metà del 2011, l’associazione decise di passare ad altro operatore, ritenendone migliori le condizioni proposte. Il trasferimento riguardò soltanto 24 delle 110 schede, ma bastò a fare partire da Vodafone la richiesta del pagamento delle penali (100 euro per ogni Sim), inglobando nel novero anche tutte le altri, per le quali aveva nel frattempo a sua volta risolto il rapporto.
Le regole del recesso
Decisa a resistere, la Ludos si rivolse quindi allo Studio legale & tributario dell’avvocato Nicola Paolini. Nell’opporre il decreto ingiuntivo, la difesa aveva eccepito tre questioni, tra cui la presunta non corretta applicazione della legge Bersani del 2007 sulla facoltà di cambiare operatore senza vincoli temporali, nè spese di penali. Normativa che tuttavia - aveva ribattuto nella propria memoria il difensore di Vodafone, avvocato Giustino Di Cecco - prevedeva la possibilità di derogare, nella sola eventualità di offerte di tipo promozionale. Proprio come nel caso in parola, quindi.
Il paletto fantasma
Il vero fulcro della vertenza, tuttavia, è stato quello relativo alle cosiddette clausole vessatorie. Dall’esame dei formulari fatti firmare alla Ludos, nella parte riguardante il recesso del contratto, infatti, non è emerso alcun riferimento a “Mio business zero”. Neanche una riga. «Nel paragrafo “Condizioni di adesione all’offerta Voce” - ha osservato l’avvocato Paolini - è indicato un elenco di piani promozionali con durata biennale e tra questi non figura quello applicato alla cliente. Se ne fa menzione soltanto in uno dei documenti prodotti in causa dalla controparte, ma si tratta di un foglio volante e neppure sottoscritto dalla Ludos».
La sentenza
Combattuta a suon di memorie, la vicenda si è conclusa ieri con la sconfitta dell’operatore telefonico. «Nel costituirsi in giudizio - scrive il giudice Francesco Venier nella sentenza -, Vodafone si è dilungata a illustrare, con argomentazioni ineccepibili sul piano giuridico, la validità delle condizioni generali di contratto, ma ha trascurato la circostanza che nessuna di quelle condizioni, specificatamente approvate per iscritto dall’associazione, prevedeva per l’utente un vincolo di 24 mesi di mantenimento del rapporto. Viene dunque meno il presupposto dell’inadempimento addebitato».
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