«Burocrazia, l’antidoto sta nel federalismo»

Odiata, contestata, mitizzata (e mica a torto) in accezione negativa. Ma... attenzione: anche alibi, scappatoia dall'assunzione di responsabilità che fanno, per dirla banalmente, paura. La medaglia ha due facce, come spesso accade: e se nell'immaginario collettivo, così, burocrazia è ormai sinonimo di condanna, di incomprensibile e ingiustificabile castigo per il cittadino, l'occhio clinico – o meglio concreto, realistico – di chi analizza la questione nei dettagli coglie pure il rovescio, appunto, della faccenda.
Traducibile nei seguenti termini (prendendo a prestito la chiave di lettura di Giuseppe Piperata, docente di diritto amministrativo): «La semplicità, spesso, non la vogliono i destinatari della macchina burocratica. Prendete il caso, emblematico, dell'autocertificazione: siamo psicologicamente legati al documento emesso dall'istituzione come Linus alla sua coperta. Ci dà sicurezza, ci deresponsabilizza».
Ecco qua. Sintetizzando all'ennesima, proprio questa è la conclusione della disamina in materia che oggi, 10 maggio, per vicino/lontano, impegna Giuseppe Bortolussi, segretario della Confederazione Generale Italiana Artigianato di Mestre, il sopra menzionato Piperata, l'antropologo Nicola Gasbarro e Stefano Sepe (Scuola nazionale dell'amministrazione).
Oltre la burocrazia, recita il titolo della circostanza: ma è davvero superabile, il meccanismo delle pastoie? Nessun sì alla leggera, dal palco dei relatori. Possibilismo, certo, ma con i piedi ben piantati per terra, perché il terreno è minato. «Si suol dire, Andreotti lo faceva spesso, che ci sono due tipi di matti: quelli che si credono Napoleone e quanti vogliono far funzionare le ferrovie dello Stato. Io – ironizza Bortolussi – aggiungo al novero la categoria di chi vuole risanare l'amministrazione pubblica. Citando Seneca: nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa dove andare. Nel campo della p.a. il problema non è l'efficienza ma l'efficacia, che non dipende dal funzionario, bensì dalla politica. Il decadimento dei due settori, in Italia, è strettamente interconnesso. Ci fosse la motivazione (come, per esempio, al tempo della ricostruzione), le cose marcerebbero meglio: il punto sta proprio lì, bisogna dare obiettivi. Un burocrate che non ne ha tende inevitabilmente a scansare gli oneri. La parola d'ordine è evitare rogne». Ma di nodi ce ne sono altri, tanti altri. Limitandoci alle parti alte della... classifica: Primo: «Carenza di managerialità nel comparto». Secondo: «Legislazione. Se non la si appiana l'inattività è l'unica strada per non sbagliare. Personalmente – chiosa il segretario della Cgia – sono convinto che la soluzione stia nel federalismo: la felice esperienza dei paesi che l'hanno adottato parla da sola». Lo sguardo dell'antropologo, invece, punta l'indice sulla tendenza del cittadino a tirarsi indietro di fronte all'impegno: «Più cala la burocrazia e più le responsabilità crescono. Non potremo mai liberarci della prima senza un incremento, e pure sensibile, delle seconde». Tagliare, del resto, è mica affar semplice. Il processo è vincolato a un intreccio di cautele figlie, in primis, della “cultura” della tutela dell'individuo (cui si deve la moltiplicazione delle regole): «La semplificazione è cosa seria – scandisce Piperata –: non la si attua con l'accetta ma con il bisturi... ammesso che vi si possa procedere. La legge – osserva inoltre, proprio in rapporto alla proliferazione normativa – apre sempre nuovi campi ai burocrati, ma a volte è lo stesso “apparato pubblico” a legittimarsi come presenza in determinati contesti della vita». A Sepe la chiosa: «Quando la normazione è difficile il primo a soffrirne è il funzionario, che spesso non si assume i “carichi” del caso. La burocrazia ha perso il ruolo di meditatore fra le necessità della gente e la politica: siamo di fronte a una sorta di welfare distorto».
E domani 12 maggio, alle 21, sempre in San Francesco, e sempre in tema di burocrazia, appuntamento con Bolli, bolli, fortissimamente bolli, conversazione scenica tra Gian Antonio Stella e Natalino Balasso, che sostituisce Paolo Rossi: entrambi veneti, entrambi notissimi ai lettori e agli spettatori.
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