Borgo stazione a Udine, il mondo in quattro strade

Ha girato per più di sette mesi ogni giorno, dall’alba al tramonto, nelle vie, nei locali e negli angoli più remoti di Borgo Stazione. “Armato” del suo iPhone, e talvolta di un treppiedi, il sociologo e giornalista udinese Marco Orioles – con l’aiuto del videomaker pakistano, Wajid Abbasi – ha immortalato la vita quotidiana di un quartiere che non conosce pace da quando è diventato l’epicentro cittadino del fenomeno più dirompente degli ultimi tempi: l’immigrazione straniera.
Il risultato è un documentario di 41 minuti, “Borgo Stazione, il mondo in quattro strade”, che riannoda i fili di una storia che comincia ben prima del giorno dei lontani anni ’90 in cui un immigrato algerino di nome Boubir aprì – in singolare concomitanza con l’apertura del vicino McDonald’s – il primo kebab in via Roma.
Quel che una vita fa era universalmente noto come “Quartiere delle magnolie” sperimentava già infatti la difficile convivenza tra il ceto medio-alto dei suoi residenti e i tipici fenomeni della marginalità che si annidano sempre nel mondo attorno alle stazioni ferroviarie.
In quattro puntate pubblichiamo il lavoro di Orioles e Abbasi a partire da oggi, una al giorno: basta cliccare su uno dei bottoni qui di seguito per vedere i filmati. L'intero documentario sarà proiettato riservatamente in anteprima integrale, alla presenza di Orioles e Abbasi, martedì 17 alle 20.30 alla libreria Friuli.
"È proprio un bel salto passare, in meno di due generazioni, da popolo di emigranti a terra di accoglienza di genti di ogni origine e cultura…”. Il tour di Borgo Stazione di Marco e Wajid, a Udine, parte proprio qui dove le strade si incrociano come ragnatele e portano in via Roma. Di fronte all'edicola troviamo Piero Vilotta, storica penna del giornalismo locale: "È l'unico posto vivace della città. Qui c'è vita". Il racconto del quartiere rivive nelle parole di Rocco Burtone mentre la trasformazione da piccolo borgo con la stazione a punto nevralgico per la città e per le discussioni politiche è affidata a Paolo Medeossi.
Paolo Medeossi davanti alla stazione ferroviaria ricorda che “fino a quindici anni fa tutto qui avveniva in modo normale. C’erano già dei commercianti stranieri, il più famoso dei quali era sicuramente Boubir. Il punto critico, la rottura, avviene in tempi recenti, negli ultimii tre-quattro anni”.
Le immagini dell’operazione Magnolia della Questura di Udine in via Roma, passata al setaccio nel pomeriggio del 28 marzo 2019 da oltre cento agenti con l’intervento dei cani antidroga e di un elicottero. Carmen, che vive in Borgo Stazione dal dopoguerra, racconta amareggiata una trasformazione cominciata “una quindicina di anni fa, quando arrivarono gli albanesi, che però si integrarono lavorando. Dopo invece hanno iniziato ad invadere persone, diciamo, non normali…”.
E sul centro islamico della vicina via della Rosta, aperto solo quattro anni fa, dice: non vedo il motivo per cui debba esserci una moschea nel centro di Udine. Siamo udinesi, o esteri?” In via Roma, Paolo Medeossi assiste ad una piccola rissa tra richiedenti asilo ed osserva che “non puoi lasciare qua tutti questi ragazzi inoperosi per tutto il giorno per mesi in attesa che conoscano il loro destino. Questi poi diventano preda e manovalanza per traffici ben più grossi, di droga, di cui loro sono solo il terminal”.
Riannodando i fili della storia del quartiere all’antica gelateria dell’Orso ormai a gestione cinese, Toni Capuozzo sottolinea che “le zone delle stazioni sono una specie di porto nelle città in cui c’è il mare, dove c’è chi arriva e c’è chi parte. E quelli che hanno un rapporto più friabile con le radici stanno nella zona della stazione. Questo fa parte delle zone delle stazioni: vale per Milano, per Roma, per qualunque posto”
“Non mi dicano” – rimarca sorridendo Piero Villotta davanti ad un caffè gestito da una coppia cinese – “che la prostituzione arriva con l’immigrazione. Io ricordo certe retate negli anni ’80. E poi, se andiamo a guardare le cronache di sessant’anni fa del Messaggero Veneto, il problema delle prostitute nel viale della Stazione, in via Ciconi, in via Percoto, in viale Leopardi, c’è sempre stato. Questa è una continuità, non una discontinuità”.
Dialogando con noi davanti al kebab-pizza dell’afghano Amir, Rocco Burtone ci tiene a precisare che “se l’artista sceglie di vivere in questo quartiere ci sarà una ragione. Perché l’artista va in cerca di spunti. E qui gli spunti li trovi. Spunti di vario tipo. Spunti di vita”.
Nell’atrio della scuola primaria Dante Alighieri di Udine, la maestra Alessandro Stavolo, affiancata dal dirigente Paolo De Nardo, ci mostra il quadro di un presepe che, ci racconta, “è stato realizzato lo scorso anno dagli alunni cristiani insieme a quelli musulmani nell’ambito di un’attività che culminò con una recita in cui quegli stessi bambini cantarono insieme “Tu scendi dalle stelle” e le altre canzoni della nostra tradizione”.
Accompagnato da alcuni amici, Orioles si presenta nell’ultimo negozio che ha aperto i battenti in Borgo Stazione: è del rifugiato Waqar Shah, che fa anche il cuoco in un ristorante del centro dove prepara specialità friulane come il frico, di cui ci descrive ingredienti e preparazione. Gli piace molto Udine, ma non gli udinesi perché – dice - “a loro non piacciono gli stranieri, e li vedono tutti uguali: neri, bianchi, africani, americani”.
Riflettendo sul tema della convivenza tra popoli e culture diverse, Toni Capouozzo si dice convinto che “ci sono dei valori che devono essere condivisi”. Per questo ritiene “difficile che uno si senta a casa sua qui se ritiene l’alcol una cosa del diavolo. Il vino è la tassa, molto piacevole del resto, che devi pagare per essere parte di una comunità. Borgo Stazione pertanto non si può dire un quartiere pienamente integrato. E un’appendice”.
A proposito della presenza di persone – come i musulmani -che hanno concezioni molto differenti di questioni delicate come il ruolo della donna, Piero Villotta pensa che “noi dobbiamo capire queste cose. Non è che ci dobbiamo adeguare, o si debbono adeguare loro. Qui bisogna trovare un modus vivendi per far sì che ci sia un’integrazione nel tempo. Se noi la trasformiamo subito in battaglia, avremo quello che avremo seminato.
Si può trarre una conclusione da tutto questo percorso? Orioles non lo sa, ma per prudenza affida a Rocco Burtone il compito di sottolineare che “a quei tempi avevamo il problema con voi meridionali. Bisogna dire che gli emigranti attuali hanno risolto questo problema. Adesso i meridionali fanno parte della collettività. Ringrazio dunque afghani e pakistani per averci sollevati da questo problema”.
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