Billa, dai lavoratori appello a Berlusconi

Porcia, i 46 disoccupati scrivono una lettera all’ex premier: «Era il padrone della Standa, deve intervenire»

PORCIA. «Caro Silvio, permettici di incominciare in modo così confidenziale questa lettera»: Antonella Improta e Loredana D’Elia, due dei 46 dipendenti della filale Billa di Porcia chiusa una settimana fa, ieri, nell’ultimo giorno effettivo di lavoro, hanno scritto a Silvio Berlusconi, ex presidente del Consiglio, ma soprattutto ex patron della Standa, la più famosa catena italiana di supermercati acquistata nel 2001 dall’austrica Billa. Una lettera firmata e scritta a nome di tutti i lavoratori, spedita direttamente a Berlusconi e, per conoscenza, al presidente della Regione Renzo Tondo e al vice Luca Ciriani, al presidente della Provincia, Alessandro Ciriani, e ai deputati Isidoro Gottardo e Manlio Contento.

«Consci delle tue capacità tecniche e manageriali dimostrate nel corso della tua direzione – scrivono –, ci rivolgiamo a te affinché i tuoi più stretti collaboratori che nella nostra regione occupano posizioni di rilievo intervengano incisivamente a nostro favore».

Dopo mesi di promesse e speranze disattese, i lavoratori hanno voluto chiudere così, con una foto di gruppo e con uno sfogo tra il commosso e l’arrabbiato messo nero su bianco con colui il quale, il 29 novembre 1989, diede inizio alla storia del supermercato di via Roveredo, a Sant’Antonio di Porcia. «Caro Silvio – scrivono le dipendenti –, non sappiamo se leggerai questa lunga e pesante lettera, ma noi vogliamo crederci: abbiamo bisogno di pensare che qualcuno ancora ci ascolti, magari emozionandosi, e chi meglio di te può farlo, dato che hai condiviso con noi l’apertura dell’ex filiale Standa». La storia del punto vendita, la dedizione al lavoro, lo spirito di gruppo, il legame con la clientela e, soprattutto, la sensazione di lavorare in un ambiente familiare: è un’eredità, scrivono le lavoratrici a Berlusconi, che a Porcia la gestione Standa aveva lasciato e che Billa ha distrutto. «Nel 2001 – ricordano nella lettera – arrivò un’azienda austriaca con alle spalle il colosso multinazionale tedesco Rewe che dipanò il suo potere commerciale in Italia fino a che, i primi mesi del 2009, gettò nei rifiuti la storica insegna Standa, ritenendola inadeguata alle nuove esigenze di mercato. Nell’arco di due anni e mezzo – accusano i lavoratori – la filiale è entrata in un tunnel senza uscita, sino alla chiusura definitiva del punto vendita di Porcia». E alla perdita del posto di lavoro di 46 persone.

Milena Bidinost

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