Bassi affitti e servizi per essere attrattivi

Superano l’esame le prime direttive per il piano regolatore Tra i punti qualificanti la “banca” del suolo e l’edilizia sociale

La città con meno cubi supera la prima prova, ma le direttive di piano – l’atto politico con il quale l’amministrazione dovrà dare gli obiettivi ai professionisti del piano regolatore – aspetta gli ulteriori innesti delle forze politiche. Chi da più tempo scalpitava sul tema (Il Fiume) dà il proprio benestare all’atto politico presentato alla maggioranza dall’assessore Martina Toffolo, pur riservandosi ulteriori approfondimenti. «Gli obiettivi sono tutti condivisibili – dice Mario Bianchini –, quello che ora ci interessa è focalizzare i punti che rendano Pordenone una città maggiormente attrattiva. Dobbiamo fare in modo che le persone tornino a vivere in città oltre che naturalmente a lavorare qui e ad avviare nuove imprese». Su questo fronte le direttive prospettano due elementi portanti. Il primo, che ha a che fare con la questione abitativa, è l’introduzione spinta dell’housing sociale, il vincolo alle costruzioni recuperate o costruite affinché una quota del 20 per cento sia destinata ad affitti calmierati.

«Quello che ci interessa definire meglio – dice Bianchini – è la questione dei servizi, che sono altrettanto determinanti per attirare nuovi abitanti. Penso agli asili nido, ma anche i corridoi ecologici che ci sono stati prospettati (dalle piste ciclabili agli elementi di verde urbano che diventano centrali nella pianificazione e nella ricucitura tra città e campagna, ndr) sono un elemento qualitativo importante». Secondo Dario Zanut, «dobbiamo ora lavorare per circoscrivere ulteriormente alcuni obiettivi politici. Se per esempio affrontiamo il nodo del fiume non possiamo non pensare al tema della mobilità e soprattutto al traffico. Allo stesso modo dobbiamo ragionare sulla destinazione da dare al centro storico».

Le direttive incassano la piena fiducia del Pd. «Due i punti qualificanti – analizza il capogruppo Fausto Tomasello -. Il primo è la “banca” del suolo che ci consentirà di spostare le cubature a seconda del grado di compromissione del territorio: questo significa andare oltre il concetto di riduzione del consumo, significa aumentare la sicurezza e valorizzare le nostre risorse. Il secondo elemento che trova rispondenza con gli indirizzi che avevamo dato, anche come partito, è l’indicazione di quote riservate all’edilizia sociale».

Vivo Pordenone, con Roberto Freschi, considera l’approccio «corretto. L’idea che più mi convince è il fatto che il piano, pur essendo uno strumento della città, si pone già come piano di una città che dovrà diventare un ambito molto più allargato, dialogando coi Comuni contermini. Che si lavori sull’asse della Pontebbana, piuttosto che sul fiume, questo si capirà con il dialogo con le altre amministrazioni. Credo che gli elementi su cui improntare la città dei 100 mila, con la consapevolezza che l’angolatura da cui si guardano le cose deve essere di scambio reciproco, vadano cercati anche in ambito storico e culturale. Se pensiamo alle ville (Cattaneo, Dolfin, la villa di San Quirino) o ai cotonifici, troviamo già importanti elementi architettonici e urbanistici da cui partire».

Martina Milia

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto