Bancarotta QBell: tre condanne Le fatture però erano regolari
/ remanzacco
Assolto dalle ipotesi di reati fiscali, ossia di avere emesso fatture per operazioni inesistenti per un imponibile pari a quasi 82,5 milioni di euro. E assolto anche da alcune ipotesi di bancarotta distrattiva. Con formula piena in tutti i casi. E poi ci sono le prescrizioni: reati estinti e, quindi, dichiarazione di «non doversi procedere», per altri nove capi d’imputazione. Ma sono bastate cinque ulteriori ipotesi di bancarotta fraudolenta a costare a Giuliano Macripò, 63 anni, residente a Udine, in qualità di allora presidente e, poi, consigliere d’amministrazione della “QBell Technology spa” di Remanzacco, una condanna a complessivi 6 anni di reclusione. Tanti quanti ne aveva chiesti il pm di Udine, Marco Panzeri, titolare del fascicolo aperto a seguito del fallimento, dichiarato il 25 novembre 2013, dell’azienda friulana, all’epoca un vero e proprio punto di riferimento nella produzione mondiale di schermi Lcd.
La sentenza è stata emessa ieri dal tribunale collegiale presieduto dal giudice Paolo Milocco (a latere i colleghi Carla Misera e Nicolò Gianesini). Degli altri sei imputati, sono stati riconosciuti colpevoli anche Danila Iole Lugano, 63 anni, di Verona, allora liquidatore del fallimento “Rc Heli srl”, specializzata nella produzione di aeromobili, e Alessandro Trabacchin, 68, di Cisterna Latina, allora amministratore unico della “Power Q srl”, specializzata in progettazione di apparecchiature elettroniche (entrambe con sede a Roma e presiedute dallo stesso Macripò): accusati a loro volta di bancarotta, sono stati condannati rispettivamente a 2 anni e a 3 anni.
Sentenza di non doversi procedere, invece, per Roberto Rindori, 62 anni, di Udine, allora consigliere d’amministrazione di QBell, dopo la riqualificazione dei fatti in bancarotta semplice, con conseguente estinzione del reato per prescrizione. Assolti, infine, Dario Vitale, 62 anni, di Lecce, ex presidente del cda di QBell, da un’ipotesi di bancarotta e da quella di appropriazione indebita, e Laura Pastena, 39, residente ad Avellino, accusata di distrazione di denaro proveniente dalla bancarotta QBell per l’acquisto di un appartamento. Erano difesi rispettivamente dagli avvocati Sebastiano Banelli e Marco Cavallini. Nell’inchiesta era stato coinvolto anche Alfredo Gattini, classe 1927, residente a Roma, in quanto subentrato a Trabacchini nella Power. Difeso dall’avvocato Sabrina Colle, è deceduto prima che il processo giungesse a termine.
«La sentenza ha ridimensionato le accuse, ma lascia un sapore dolce amaro per l’entità della pena. Ma si sa che, per i reati di bancarotta, le pene sono sempre molto alte», il commento dell’avvocato Giovanni De Nardo, che con il collega Cavallini difende Macripò e che, a dibattimento, aveva sostenutola liceità di tutte le operazioni contestate. «La condotta è sempre stata improntata alla massima trasparenza», avevano argomentato, ripercorrendo le tappe della crisi e riconducendo il fallimento alla momentanea interruzione di liquidità da parte della banca. Quanto alla posizione di Trabacchin, l’avvocato Pierluigi Poggioli ha evidenziato come in udienza non fosse emerso che lui, così come Gattini, avessero mai avuto in mano le scritture contabili e come i testi sentiti non sapessero nemmeno chi fossero. L’avvocato Alessandro Calienno, che difendeva anche Rindori, aveva a sua volta insistito sull’assenza di prove che dimostrassero che Lugano aveva la documentazione necessaria a esercitare il ruolo di liquidatore. «Era stata messa a capo dell’azienda a un mese dal fallimento – ha detto –, ma non aveva alcuna competenza per amministrarla». —
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