Banca di Vicenza, arriva una task force per i crediti deteriorati

PADOVA. Nuovi mestieri per nuove esigenze. Si potrebbe riassumere così il piano allo studio di dirigenti e sindacati della Banca Popolare Vicenza. Il capofila, in realtà, è la First Cisl ma sul dossier ci sarebbe il placet dell’amministratore delegato Fabrizio Viola e interlocuzioni già avviate con gli stakeholder del territorio: la Confindustria di Vicenza, Confartigianato e Confcommercio.
Stiamo parlando del grande bubbone degli Npl che altro non sono che i non performing loans: i crediti deteriorati. Il fardello che pesa sui bilanci di tutte le banche italiane e, anche di BpVi, che a bilancio nel 2016 ha scontato un miliardo di nuove rettifiche sui crediti per rafforzare i livelli di copertura su cui vigila pressante la Bce. Siamo arrivati al 48,5%, più 6 punti rispetto a quanto “copriva” BpVi a fine 2015.
Per le sofferenze oggi la banca è al 62,2%. Significa che su 100 euro di credito che una impresa o cittadino potrebbe non pagare più, e che quindi sono un buco, 60 li mette banca per ridurre al minimo quella perdita.
Il bilancio 2016 evidenzia 9,7 miliardi di crediti deteriorati lordi (5,1 miliardi di sofferenze). Ma sappiamo che, a fine gennaio, BpVi ha impacchettato in una società veicolo in capo a Credito Fondiario 4,6 miliardi lordi (1,87 miliardi netti).
La società si chiama Ambra Spv. Calcolatrice alla mano, restano quindi 5,1 miliardi lordi di deteriorati da smaltire. Al netto di quello che potrebbe fare il Fondo Atlante che ha ancora in pancia 1,7 miliardi da investire proprio negli Npl, con forte committement di alcuni investitori in primis Intesa SanPaolo, potrebbe giocarsi proprio qui la partita del futuro per BpVi.
Torniamo al piano allo studio di dirigenti e sindacati. L’idea sul tavolo è di creare nuove unità di business compensative, ad alto valore aggiunto, per attenuare gli eventuali esuberi e riannodare i fili con il territorio, visto che quegli Npl sono tante imprese vicentine e venete e molte famiglie che non pagano. Magari pure azionisti più o meno in pace con la banca. E cosa oggi può fare più business del mercato non avviato dei deteriorati? Il nodo è come.
Cedere ad altri, l’asset significa stare alle leggi del mercato e oggi un 100 di credito deteriorato, se viene venduto a venti, genera una perdita di 80. L’effetto sul bilancio fa tremare i polsi. La via BpVi sarebbe di gestire gli Npl in forma paziente e partecipativa per evitare svendite a prezzi di speculazione che possono provocare altre perdite al capitale.
Per questo si sta ragionando alla costituzione di società di gestione partecipate da diversi stakeholder dell’attività bancaria, in primis i lavoratori, ma anche le categorie del territorio. La società permetterebbe di rilevare i crediti deteriorati a prezzi coerenti con i valori di recupero che secondo Bankitalia sono attorno a un tasso del 43%. Tutti gli attori stanno studiando a fondo la normativa per rendere ciò possibile.
Secondo le nostre fonti, le categorie economiche sarebbero interessate e la partita potrebbe essere più veloce di quanto si pensi, perché se BpVi andrà incontro alla ricapitalizzazione preventiva richiesta, il deconsolidamento di questi crediti “cattivi” è fondamentale perché gli aiuti di Stato non possono ripianare le perdite.
Ma significherebbe anche organizzare un lavoro nuovo dove far confluire, dando competenze e qualità, i bancari che oggi a bilancio sono un costo non più sostenibile. Domani a Roma la Fist Cisl rilancerà il tema nel corso di un convegno.
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