Badante si fa consegnare i risparmi e intestare il testamento: condannata

TOLMEZZO. Perchè un’anziana che ha un ottimo rapporto con i propri parenti dovrebbe decidere di lasciare tutti i beni alla badante, scegliendo quindi come erede universale una persona che conosce da poco tempo e non, invece, i propri cari?

È ciò che si è chiesta la Procura di Udine nel contestare a Fabiola Dorigo, 56 anni, di Enemonzo, il reato di circonvenzione d’incapace ai danni dell’ultra ottantenne friulana, affetta da psicosi delirante e deterioramento cognitivo e, come tale, inferma totale di mente, per la quale aveva lavorato tra il 2013 e il 2014 e cui, in tesi accusatoria, aveva nel frattempo sottratto tutti o parte dei 56.800 euro che l’aveva indotta a prelevare dal conto corrente.

Il processo a carico della donna, attualmente disoccupata, si è chiuso con la sua condanna a 1 anno e 8 mesi di reclusione (sospesi con la condizionale). Nel pronunciare la sentenza, il giudice monocratico del tribunale di Udine, Roberto Pecile, ha dunque accolto la tesi sostenuta in aula dal vice procuratore onorario Laura Martin, che aveva concluso per una pena di 2 anni e 2 mesi, e ha soddisfatto anche le richieste del denunciante, ossia il fratello dell’anziana, che nel procedimento si era costituito parte civile con l’avvocato Giacomino Di Doi, e che potrà ora ottenere il risarcimento dei danni, nella misura che sarà quantificata in sede civile.

Il difensore, avvocato Maurizio Conti, che aveva invece insistito per l’assoluzione dell’imputata, ricordando peraltro come nel 2017 fosse stato lo stesso magistrato inquirente a chiedere l’archiviazione del procedimento, ha già annunciato appello.

Erano stati proprio i parenti ad accorgersi, attraverso la lettura degli estratti conto, di un’anomalia nella gestione dei risparmi dell’anziana. Sentiti in fase di indagini preliminari, i dipendenti della banca avevano riferito di vedere spesso la cliente recarsi nell’istituto accompagnata dalla badante.

E quelle somme, in effetti, erano parse sproporzionate rispetto alle ordinarie esigenze di vita di una persona della sua età. La denuncia, tuttavia, era scattata dopo la sua morte, avvenuta nel 2015, quando dal testamento era spuntato il nome della Dorigo. Troppo, per non sospettare che la badante fosse riuscita a convincerla a nominarla sua unica erede, abusando dello stato di deficienza psichica in cui versava.

Un sospetto che la difesa ha tuttavia ritenuto non essere stato affatto dimostrato, neppure al termine dell’istruttoria dibattimentale.

«Manca il raffronto con la prova e si ricorre all’allusione – ha osservato l’avvocato Conti –. Il punto, qui, non è stabilire l’incapacità di intendere e di volere dell’anziana, ma piuttosto se fosse circonvenibile o meno, che è un’altra cosa e che attiene alla sfera emotiva».

Anche perché, a parere del difensore dell’imputata, nel trarre le conclusioni della vicenda «si è cercato di sminuire la portata della testimonianza del notaio davanti al quale fu formalizzato il testamento. La vide in tre diverse occasioni – ha ricordato il legale – e la ritenne lucida e capace. A suo avviso, affermò di indicare l’imputata sua erede universale in piena autonomia e in assenza di qualsivoglia condizionamento».

Particolari, questi, che anche il pm Letizia Puppa, titolare del fascicolo, aveva evidenziato nella richiesta di archiviazione. Ma che non erano bastati comunque a impedire che il gip, in sede di opposizione, disponesse nei confronti della badante l’imputazione coatta. —

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto