Azienda venduta a un incapace, condannato

Nei guai un udinese per aver trasferito a un goriziano interdetto dal tribunale le quote di una Srl di Campoformido
ANTEPRIMA UDINE GENNAIO 2002 TRIBUNALE NUOVO TELEFOTO COPYRIGHT FOTO AGENCY ANTEPRIMA
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UDINE. Se non fosse stato per la parcella del notaio, il tutore del sessantenne di San Lorenzo Isontino, avrebbe scoperto quando era troppo tardi che al sessantenne, interdetto dal tribunale di Gorizia, erano state trasferite le quote di una società in crisi, la Network service srl con sede in via Zorutti a Campoformido, detenute da Giuseppe Galleoni, di Roma. Il tutto a fronte del pagamento di 10 mila euro.

Correva l’anno 2008 quando il tutore, con il supporto dell’assistente sociale, ha sporto querela: il caso si è chiuso davanti al giudice monocratico del tribunale di Udine, Angelica Di Silvestro, che ha condannato per circonvenzione di incapace a due anni e tre mesi di reclusione, Ernesto Bianchi, 62 anni, di Udine, la persona che ha accompagnato il goriziano dal notaio, Alfredo Catena, a stipulare l’atto. Ma non solo perché lo stesso Bianchi (assistito dall’avvocato Katia Crosilla) era imputato di aver indotto l’uomo interdetto ad aprire un conto corrente in una banca locale, sul quale erano state fatte operazioni da parte di soggetti ignoti. Il giudice, infatti, ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati contestati, commessi per eseguire un disegno criminoso. Bianchi dovrà risarcire la parte offesa, costituita parte civile, con 6 mila euro.

Assieme a Bianchi erano accusati, in concorso tra di loro, di aver abusato dello stato di infermità e deficienza psichica del goriziano, anche Galleoni (avvocato Giovanni Terragoni) e Massimo Ragogna, difeso dall’avvocato Cesare Tapparo, il commercialista di Ragogna incaricato di contattare il notaio per la stipula dell’atto. I tre erano accusati di aver agito al fine di procurare a loro stessi o ad altri un profitto, inducendo l’interdetto a stipulare l’atto di cessione di quote della società. A differenza di Bianchi, Galleoni e Ragogna, sono stati assolti con la formula dubitativa del secondo comma per insufficienza e contraddittorietà delle prove.

A nulla è valsa la difesa dell’avvocato Crosilla che per Bianchi aveva chiesto l’assoluzione ritenendo non sufficientemente provato l’elemento soggettivo del reato e, in particolare, la consapevolezza della condizione di inferiorità psichica della persona offesa che, sulla base di quanto emerso nel processo, a suo avviso, non era evidente. La difesa ha rilevato inoltre l’insufficienza e la contraddittorietà della prova in relazione all’elemento oggettivo del reato.

Il pubblico ministero, Marzia Gaspardis, aveva chiesto, per Bianchi due anni e cinque mesi di reclusione, per Galleoni e Ragogna due anni e due mesi.

Soddisfatto l’avvocato Alessandro Franco del foro di Gorizia, nominato dal tutore dell’uomo interdetto: «La rete di protezione nei confronti di questo sfortunato signore ha funzionato grazie alla serietà e all’attenzione dimostrata dal tutore, l’avvocato Maseri di Gorizia, e dall’assistenza sociale che si sono attivati in tempo» ha affermato il legale dopo aver ribadito anche in aula che il suo assistito non sarebbe mai stato in grado di procedere, in autonomia, all’acquisto della società e quindi alla stipula dell’atto notarile.

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