Avvocato accusato di avere tentato di truffare una cliente

La seguì in una pratica per il risarcimento dei danni dopo un incidente e le chiese un compenso più alto del dovuto
ANTEPRIMA UDINE GENNAIO 2002 TRIBUNALE NUOVO TELEFOTO COPYRIGHT FOTO AGENCY ANTEPRIMA
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L’accusa è di avere tentato di truffare una cliente e di avere falsificato per questo un atto di quietanza e una fattura. Ma anche di avere finito per nuocere così alla compagnia assicurativa, alla quale si era rivolto per garantirle il risarcimento dei danni subiti in un incidente. Il processo a carico di Fabrizio Ristori, 66 anni, di Lestizza, avvocato con studio di infortunistica stradale a Palmanova, si è aperto ieri, davanti al giudice monocratico del tribunale di Udine, Paolo Alessio Vernì, con l’ammissione delle prove e della lista testimoniale.

Il collaboratore di studio al quale la Procura aveva contestato le stesse imputazioni, dopo il decreto di rinvio a giudizio del gup, ha preferito fermarsi prima, patteggiando la pena. Lui, invece, se la giocherà in aula, nell’istruttoria dibattimentale che lo vede difeso dall’avvocato Raffaele Conte e contrastato da uno stuolo di parti civili: la cliente, che si è costituita con l’avvocato Carla Montineri, il medico del cui nome si sarebbe servito per emettere una fattura, assistito dall’avvocato Chiara Canciani, e la compagnia di assicurazioni.

I fatti risalgono all’agosto del 2011, cioè al periodo immediatamente successivo all’incidente nel quale era rimasta coinvolta una donna, a Pozzuolo del Friuli. Una volta assunta la trattazione della pratica, secondo l’ipotesi accusatoria, l’avvocato Ristori e il suo collaboratore avrebbero tentato di raggirarla. Come? Esigendo e ottenendo da lei la consegna di 650 euro, con il pretesto di pagare visite mediche che, in realtà, aveva già saldato l’assicurata e senza rilasciarle alcuna ricevuta, e producendo poi all’assicurazione una fattura di 600 euro apparentemente emessa da una dottoressa per sedute di riabilitazione mai effettuate.

Non basta. Il tentativo di truffa sarebbe passato anche attraverso una scrittura privata interamente falsa: l’atto di transazione e quietanza con la compagnia, per la liquidazione di 8.300 euro (comprensivi di spese legali per mille euro), che l’avvocato avrebbe concluso nel successivo mese di aprile apponendovi la falsa sottoscrizione della propria cliente. La ciliegina sulla torta sarebbe arrivata proprio a chiusura della pratica, quando, nel consegnare alla donna l’assegno, Ristori avrebbe preteso da lei un assegno di 2.500 euro per le asserite spese legali, poi ridotto a 1.800 euro, «giungendo perfino – recita il capo d’imputazione – a trattenere indebitamente l’assegno».

In apertura di dibattimento, l’avvocato Conte ha sollevato una serie di eccezioni, delle quali alcune trattenute in riserva e una - relativa alla costituzione di parte civile anche da parte del marito della cliente - accolta. «Ci troviamo di fronte a un paradosso – ha detto il legale –, perchè la parte civile non soltanto aveva negato al mio assistito il compenso che le aveva chiesto, ma aveva anche incassato la parte di risarcimento che, in ipotesi, non le sarebbe spettata». (l.d.f.)

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