Auto sequestrate al salone Tiffany, indagato il rivenditore

CERVIGNANO. È Zlatan Beganovic l’imprenditore finito nel mirino della guardia di finanza nell’inchiesta sulle rivendite di auto Tiffany a Cervignano e Tiffany 2 a Pordenone. È accusato di omessa dichiarazione dei redditi e di bancarotta fraudolenta per avere di fatto, a seguito del fallimento di un’analoga attività a Porpetto, distratto le auto e girato i veicoli ad altre società intestate a parenti e prestanome.
Ancora non si conosce la versione difensiva, essendo stato il sequestro di 67 macchine, giovedì scorso tra Cervignano e viale Venezia a Pordenone, il primo atto con cui l’indagine è stata resa nota al suo destinatario. La guardia di finanza ha eseguito sequestri di beni per oltre 400 mila euro corrispondenti alle imposte che ritiene siano state evase in tre anni dall’imprenditore cervignanese.
I finanzieri, diretti dalla Procura della Repubblica di Udine, hanno assicurato all’autorità giudiziaria un complesso di beni equivalenti nel valore alle imposte evase mediante la commissione di reati tributari e di una bancarotta fraudolenta. Le ipotesi di reato pendenti sull’imprenditore sono omessa dichiarazione, occultamento o distruzione di documentazione contabile, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, e bancarotta fraudolenta.
A seguito di una verifica fiscale nei confronti di una ditta operante nel commercio di autovetture a Porpetto, è stato accertato che il titolare della stessa, Zlatan Beganovic, non presentando alcuna dichiarazione fiscale, aveva omesso il pagamento delle imposte dovute e, nel tentativo di sottrarre il proprio patrimonio all’aggressione dell’Erario, aveva pilotato la società oggetto di verifica verso la bancarotta.
Utilizzando poi altre società intestate a prestanome, ma di fatto da lui amministrate, l’imprenditore aveva continuato a svolgere la sua attività di commercio di auto perseverando, tra l’altro, sulla base di ciò che risulta ai finanzieri, nella commissione degli illeciti tributari.
A supporto dell’impianto accusatorio, le fiamme gialle, anche attraverso l’analisi dei conti correnti intestati all’imprenditore indagato, hanno comprova o che le disponibilità liquide che sarebbero state da destinare al pagamento delle imposte erano state invece sia prelevate in contanti, sia destinate al finanziamento delle società intestate ai prestanome, costituite dopo aver fatto fallire la ditta oggetto dell’accertamento fiscale.
Queste circostanze, unite al fatto che l’indagato era costantemente presente nella sede di aziende formalmente non di sua proprietà, dove tra l’altro continuava a condurre le compravendite di auto, hanno consentito di qualificare lo stesso come amministratore di fatto delle neo costituite persone giuridiche. Così il gip di Udine, accogliendo la richiesta della Procura sulla base delle risultanze investigative della compagnia di San Giorgio di Nogaro, ha disposto il sequestro.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto