Artigianato, la crisi morde nella Bassa vola la cassa

CERVIGNANO. Imprese artigiane in difficoltà nella Bassa friulana. Nell’ultimo mese, dal 15 marzo al 15 aprile, secondo i dati forniti dalla sede cervignanese della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, 90 aziende si sono rivolte all’Ebiart (Ente bilaterale artigianato Fvg) del Basso Friuli per chiedere la Cig (cassa integrazione guadagni) per i dipendenti.
Solo tra Cervignano, Fiumicello, Aquileia, Terzo e Bagnaria Arsa, sono una dozzina (oltre il 10 per cento della pianura friulana) le aziende costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali. Tra queste, ci sono anche alcune realtà storiche del Cervignanese.
«La cosa preoccupante – spiega Carlo Tomasin, responsabile territoriale Cna di Cervignano e coordinatore della Bassa – è che sono realtà manifatturiere storiche, strutturate e con parecchi dipendenti. Tutte queste aziende hanno rinnovato la richiesta per altri tre mesi di cassa integrazione. Una buona parte dei dipendenti potrebbe non tornare più al lavoro. Almeno il 12 per cento dei lavoratori oggi in cassa integrazione rimarranno a casa, anche perché i soldi stanno per finire. L’Inps e la Regione ci stanno chiedendo di limitare la richiesta a zero, ma se una persona non ce la fa c’è poco da trattare».
Tomasin poi argomenta: «Prima l’Ebiart interveniva dando una parte del sostegno al reddito, mentre l’altra parte veniva integrata dall’Inps. Ora tutto è carico dell’Inps perché sono finiti i soldi. A giugno, se non si provvederà a rifinanziare le casse dell’Inps e dell’Ebiart, non ci saranno più ammortizzatori sociali e le piccole aziende dovranno licenziare». I sindacati della Cna, assieme a Cgil, Cisl e Uili, stanno cercando di trovare una soluzione. «Per una volta ci siamo seduti dalla stessa parte – aggiunge Tomasin –, il momento è tragico dobbiamo trovare un paracadute. Ho visto gente chiedere la Cig con le lacrime agli occhi, dopo una vita di lavoro».
Difficile anche la situazione degli autotrasportatori. «Questa categoria – conclude Tomasin – non rientra nell’Ebiart, ma abbiamo ugualmente preso accordi con i sindacati». Giorgio Tellini, professionista cervignanese, commenta: «Chiedere gli ammortizzatori sociali non risolve la situazione. Le uniche aziende che riescono a sopravvivere sono quelle che sviluppano i mercati fuori dal territorio nazionale. Chi lavora solo in Italia difficilmente ha una prospettiva. Il costo della manodopera è troppo alto. C’è la necessità di ridurre di almeno il 50 per cento la spesa pubblica. Un dipendente deve poter guadagnare anche di più di netto, ma l’azienda non può pagare tre volte tanto, tra tasse, imposte e tutto il resto. Inoltre, non c’è domanda, ma aumentano i prezzi dei materiali. Non ci sono più le condizioni per fare azienda, stanno saltando anche i più capaci».
Elisa Michellut
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