Appalti, ecco i nomi di chi se li spartiva VIDEO - I NUMERI

La Procura di Gorizia: manipolate gare pubbliche per 90 milioni. Fra gli arrestati, sei imprenditori della provincia di Udine
Bumbaca Gorizia 07.06.2013 Conf Stampa Finanza Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 07.06.2013 Conf Stampa Finanza Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GORIZIA. Almeno 180 gare d’appalto pubbliche ritenute manipolate, per un importo totale pari a oltre 90 milioni di euro, 105 imprese coinvolte, 132 denunciati (di cui 79 friulani) tra impresari, persone a vario titolo riconducibili alle 105 ditte e dipendenti pubblici “compiacenti”. E poi 8 imprenditori edili ai domiciliari: 4 della provincia di Udine, 2 di Pordenone, gli altri di Portogruaro e Treviso.

Per 9 persone, compresi gli 8 imprenditori ai domiciliari, la Procura aveva ipotizzato l’associazione a delinquere per turbativa d’asta e anche la truffa aggravata ai danni dello Stato (ipotesi, qust’ultima, che il gip non ha però ravvisato). Per gli altri denunciati, tranne i dipendenti pubblici, si ipotizza il solo concorso in turbativa d’asta. Ecco i numeri dell’operazione “Coffee break” coordinata dalla magistratura di Gorizia e condotta dalla Guardia di finanza del capoluogo isontino.

«Un’indagine su appalti pubblici dal marzo 2009 al gennaio 2011 - ha detto ieri il procuratore capo, Caterina Ajello - che ha consentito di scoprire un “cartello” di imprese dedito alla turbativa d’asta e alla truffa ai danni dello Stato che aveva instaurato un monopolio generalizzato in tutto il Triveneto. Il sistema si era radicato nel territorio». Le verifiche hanno toccato Comuni, Province, uffici regionali e consorzi pubblici.

Ai domiciliari Alberto D’Agosto, di Campoformido, responsabile commerciale della Nuova Geo.Mac srl di Cividale, Cristian Scarsini, di Illegio, rappresentante legale della Spiga srl di Tolmezzo, Giampietro Perissutti, di Tolmezzo, rappresentante legale della L.S. Nord di Tolmezzo, il gradese Bruno Brunetti, direttore tecnico della F.lli Gaiardo costruzioni di Fauglis di Gonars, Franco Pessot, di Aviano, e Andrea Fantin, di Pordenone, rispettivamente legale rappresentante e responsabile commerciale della Pessot Costruzioni di Fontanafredda, Giovanni Demo, di Portogruaro, amministratore unico della F.lli Demo costruzioni di Summaga di Portogruaro, Paolo Fornasier, amministratore di fatto della Co.Ge.For di Susegana (Treviso).

«Il sodalizio – ha spiegato Ajello affiancata dai sostituti Luigi Leghissa e Michele Martorelli che hanno coordinato l’indagine e dal comandante provinciale della Gdf di Gorizia Fabio Cedola - era finalizzato ad alterare le gare per gli appalti impedendo che ci fosse un’effettiva libera concorrenza. Le imprese erano tra loro colluse e stabilivano congiuntamente le percentuali di ribasso. Appena indetta una gara si verificavano contatti vertiginosi, fino a 8mila telefonate, per scambiarsi informazioni. Inizialmente il lavoro investigativo ha toccato 180 gare, poi la Procura ha ricostruito nei dettagli 30 appalti, questi ultimi per un valore globale di circa 19 milioni. Per le gare a procedura aperta c’era un “reclutamento” preliminare di un alto numero di falsi aspiranti coinvolgendo cioè imprese che non erano interessate a partecipare effettivamente alla gara, ma alle quali veniva chiesto di presentare offerte. Nella seconda fase, attraverso un software denominato “Win gare”, veniva fatta un’analisi dei possibili esiti della gara non inserendo le offerte che il gruppo era in grado di controllare e far presentare dai propri affiliati. La terza fase - ha aggiunto - consisteva nella distribuzione, tra le società compiacenti e false aspiranti, delle percentuali di ribasso in base a un accordo preliminare e alla fine si determinavano i limiti minimi e massimi entro cui collocare l’offerta, con maggiore probabilità di vittoria. Così si predeterminava il possibile vincitore e il cartello di imprese aveva instaurata di fatto un monopolio in un ambito territoriale che comprendeva l’intero Triveneto. Le provincie più toccate? Diciamo che era un sistema generalizzato».

Le gare sospette in provincia di Gorizia (dove sono emersi i primi casi) sono risultate soltanto 3. Un numero maggiore di casi ha riguardato le province di Udine, Pordenone e il resto del Triveneto, ma le ramificazioni del presunto “sistema”, secondo quanto riferito ieri, arrivavano in provincia di Bologna.

Argomenti:lavoro

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto