Antonio Marcegaglia: «Pronti 15 milioni e nessun esubero»

SAN GIORGIO DI NOGARO. L’acquisizione di Palini&Bertoli è «un’operazione strategica» per un Gruppo che vuole continuare a crescere. «Sinergie, integrazione e complementarità» con l’altra azienda presente a San Giorgio di Nogaro, e quindi niente esuberi. E, ancora, «investimenti nell’ordine di 15 milioni di euro nell’arco dei prossimi tre anni». Così Antonio Marcegaglia, presidente e Ceo dell’omonimo Gruppo (che guida insieme alla sorella Emma, vicepresidente e amministratore delegato, ndr), giovedì 5 dicembre in Fvg per incontrare sindacati e maestranze all’indomani del perfezionamento dell’acquisizione, dai russi di Evraz, della Palini&Bertoli.
Presidente, perché l’acquisizione di Palini&Bertoli?
«È un’operazione che si inserisce nella strategia industriale del Gruppo tesa al rafforzamento di tutte le attività del nostro core business, acciaio, acciai speciali e lamiere, carbon steel e lamiere. Lo stabilimento di San Giorgio di Nogaro, specializzato nella produzione di lamiere da treno, era la più piccola delle divisioni, per cui abbiamo visto questa opportunità come un’occasione per rafforzare la nostra presenza nel settore».
Un’operazione alla quale avevate già puntato in passato.
«Tre-quattro anni fa, quando Palini&Bertoli si era fermata e la proprietà stava valutando l’ipotesi di una cessione, partecipammo al negoziato. Per cui direi che un progetto, nato tempo fa, ora si è potuto concretizzare. Per noi, quindi, è un’opportunità di crescita e di rafforzamento per linee esterne sui mercati europei. Dopodiché quando valutiamo possibili acquisizioni cerchiamo anche di portarle a termine a un prezzo ragionevole. L’operazione vale 40 milioni di euro, non un prezzo basso in relazione alle performance attuali ma che fattorizza le potenzialità. Un altro elemento di valutazione è stato la possibilità di generare sinergie dal punto di vista degli acquisti, dell’operatività, il completamento della gamma, la complementarità dei mercati».
Si integra con il vostro stabilimento di San Giorgio di Nogaro?
«Sono complementari. Ho incontrato oggi le organizzazioni sindacali e le maestranze per spiegare loro che inizieremo a lavorare su un progetto di integrazione. Com’è nella nostra tradizione, non acquistiamo concorrenti in una logica difensiva, confermiamo i livelli occupazionali e sosterremo la crescita con investimenti mirati nell’ordine di 15 milioni di euro in tre anni, con lo scopo di valorizzare le potenzialità di questa azienda e dei lavoratori. L’integrazione avrà un suo percorso, significherà lo scambio delle migliori pratiche, forse una redistribuzione, ma con l’obiettivo di valorizzare quel che c’è. Anche le risorse umane».
Come vede il mercato dell’acciaio?
«Il 2019 è stato un anno complesso con un rallentamento dei consumi e una contrazione dei prezzi. Oggi credo si sia toccato il punto più basso, per cui mi aspetto una ripresa della domanda e anche dei prezzi. È vero che il ciclo degli investimenti ha rallentato, ma ritengo ci siano spazi di crescita in settori come il navale, il ferroviario, le infrastrutture e i macchinari pesanti. Non sarà un boom, ma una ripresa graduale e prevedibile che ci consentirà di far crescere la nostra quota di mercato in Europa».
Non posso lasciarla senza una domanda sull’Ilva. Che ne pensa? Ritiene possibile un’Italia manifatturiera senza questa azienda?
«Sarebbe uno scenario deprecabile, non solo per gli aspetti occupazionali, ma anche per l’intera filiera siderurgica, strategica per un Paese, qual è il nostro, che è la seconda manifattura d’Europa. Per cui auspico venga individuata una soluzione che contemperi le esigenze industriali, occupazionali e ambientali».
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