Antonio e Gianluca, i cervelli che non fuggono, nel laboratorio del Dna

UDINE. Gli interessi comuni, la curiosità e la determinazione nel voler mettere a punto un metodo in grado di modificare il Dna, hanno creato una complicità scientifica che dal centro di eccellenza Icgeb di Trieste ha portato Antonio Casini di Pagnacco e Gianluca Petris di Sauris, 30 anni il primo 33 il secondo, entrambi laureati in Biologia molecolare, a far parte del gruppo di ricerca di Virologia molecolare al Centro di biologia integrata (Cibio) dell’università di Trento. Lo stesso gruppo che ha scoperto evoCas9 la proteina capace di correggere errori nel Dna in modo estremamente preciso.
E così la versione più accurata di Crispr-Cas9, la proteina scoperta da un team americano nel 2012, ha anche un’anima friulana e il Friuli è orgoglioso di portare un contributo alle nuove cure delle malattie genetiche. Stiamo parlando di distrofia muscolare e fibrosi cistica, ma le ricadute non mancheranno neppure nei tumori, nel miglioramento delle piante di interesse alimentare e degli animali da allevamento.
Le storie di Antonio Casini e Gianluca Petris, sono storie che parlano di futuro perché, nell’arco di un decennio, la scoperta del correttore perfetto del Dna può cambiare la vita di molti malati. Sono storie di cervelli che lavorano in Italia sfidando i colleghi di Berkeley e Mit di Boston. Tant’è che i nomi dei due ricercatori compaiono tra gli autori dell’articolo “A highly specific SpCas9 variant is identified by in vivo screening in yeast”, pubblicato su “Nature Biotechnology”.
Diplomato al liceo Marinelli di Udine, Casini si è laureato alla Normale di Pisa dopo aver completato la tesi magistrale all’Icgeb di Trieste. Tutto questo succedeva mentre la sua relatrice, la professoressa Anna Cereseto, apriva il laboratorio di Virologia molecolare a Trento, nel centro di eccellenza diretto da Alessandro Quattrone.
In quel laboratorio Casini è arrivato nel 2011, qui ha svolto il dottorato di ricerca influenzando anche la carriera di Petris, diplomato al liceo Paschini di Tolmezzo e laureatosi all’università di Trieste, il quale dovendo scegliere dove fare il post doc ha deciso di seguire il collega a Trento.
Oggi queste dinamiche, in parte casuali in parte provocate dalla sintonia scientifica testata all’Icgeb di Trieste, assumono un significato speciale perché, come fa notare Petris, «in un gruppo di ricerca internazionale se le diversità di culture portano ricchezza, le origini comuni consentono di dialogare in modo più rapido».
In laboratorio, Antonio e Gianluca si capiscono al volo. Quando si tratta di leggere i risultati degli esperimenti o di pianificare nuovi progetti, la concretezza friulana viene fuori tutta. Nella capacità di analisi dei due studiosi emerge il loro essere nati uno in montagna l’altro in pianura, nella stessa regione. Gli opposti, come si sa, compensandosi favoriscono il lavoro di squadra.
Anche in questo caso, il fatto di avere la stessa mentalità ha facilitato l’integrazione dei due ricercatori nel gruppo coordinato dalla professoressa Cereseto che ha reso la scoperta biologica più importante del XX secolo, il sistema Crisper-Cas9 identificato dai colleghi statunitensi – questo si legge nella nota dell’ateneo trentino – «un’arma di precisione pressoché assoluta, che spara un solo proiettile e uccide il Dna malato».
«Abbiamo ottimizzato – spiega Casini – il funzionamento della proteina Cas9, che taglia una sequenza del genoma di una cellula, ma nel farlo può provocare altri danni». Questo era il gap da colmare della scoperta fatta dai colleghi americani perché le applicazione del meglio noto genome editing «sono state, fin dall’inizio, ostacolate dall’incapacità dell’enzima di colpire il Dna in modo davvero accurato».

La perfezione è stata raggiunta a Trento, nel laboratorio dove pure i due ricercatori friulani lavorano anche 10 ore al giorno. Immersi nelle piastre di coltura, Antonio e Gianluca hanno contribuito alla messa a punto di un sistema di evoluzione di cellule di lievito in vitro.
Nei tre anni di ricerche, tanto è durato il progetto, è nata evoCas9, la versione di Cas9 più accurata al mondo. «Al momento – aggiungono i due ricercatori – non siamo a conoscenza di gruppi così evoluti». E come tutte le scoperte che si rispettino ora la sfida è passare alla sperimentazione clinica. Dal punto di vista industriale ed economico l’interesse non manca: si è aperta la strada che porta anche alla costituzione di start-up nel mondo del biotech.
Nel laboratorio di Virologia molecolare, Antonio e Gianluca, assieme alla docente, ad altri tre colleghi e due studenti, non possono concedersi pause o errori. «Non possiamo farlo – chiarisce Antonio – perché i fondi che abbiamo a disposizione non sono gli stessi su cui possono contare le università americane». In questo campo, all’estero tutto risulta più agevole. «Nell’attività di ricerca le ore di lavoro non si contano – sottolinea Gianluca – la passione è tale che indagare l’ignoto diventa un privilegio».

Apprezzabile lo spirito dei giovani ricercatori impegnati nel gruppo di ricerca che, come ha avuto modo di dire il direttore del Cibio, «sbaraglia la concorrenza scientifica internazionale. Il genome editing è davvero la scoperta del secolo in medicina, e non solo. L’invenzione della professoressa Cereseto e dei suoi altrettanto brillanti collaboratori e colleghi è certo a oggi il contributo più importante che abbiamo dato allo sviluppo di terapie. Mesi fa già il gruppo aveva proposto intelligenti miglioramenti al metodo. Si era parlato di “bisturi genomico usa e getta”. Ma con evoCas9 siamo davvero alla differenza fra un utile espediente e un game changer».
L’interesse per questa tecnologia è globale, ma nonostante ciò Antonio e Gianluca non hanno intenzione di entrare a far parte del popolo dei cervelli in fuga. «Ho ricevuto diverse offerte per il post doc all’estero – racconta Gianluca –, ma non sento l’esigenza di andare via. Se un giorno dovrò farlo lo farò». Oggi i due studiosi possono imboccare diverse strade: dalla carriera accademica al trasferimento nei centri di ricerca industriali. Una cosa è certa: i ricercatori si preparano a rientrare in Friuli per raccogliere le meritate congratulazioni.
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