Anita: «Un provino a braccio e ho conquistato Sorrentino»

GORIZIA. Con Paolo Sorrentino funziona minga il sistema del Mi manda Picone, ovvero quegli ormai logori biglietti da visita formato passepartout. C’è la conferma. «Eccome no, se lui ti vuole ti chiama, altrimenti puoi farti sotto quanto vuoi. Perdi tempo». A farci dormire con almeno una certezza, fra le mille inquietudini dell’italiano, è una signorina di Gorizia, attrice per vocazione e con un recente filotto di film, uno appresso all’altro. Anita Kravos è ormai adottata dalla lupa capitolina, benché nell’Isontino ci ritorni spesso. I soliti giri del cuore. Sorrentino, dunque. Non perdiamolo di vista.
Se l’Anita conosce a memoria l’usuale metodologia del nostro, c’è il conforto di una situazione reale. La Kravos ha lavorato per lui, altrimenti non si spiega. «Così è successo – ammette felice – e col sistema classico: Paolo apprezza un qualcosa di mio e si fa vivo. Mica nulla di certo al primo approccio. Giustamente si passa per le forche provinatorie. Dice: “Nessuno qui sa di che parla il film – e per film s’intenda La grande bellezza – e quindi vai a braccio”. Un perfetto assist per me, adoro il contesto. E parto. Lui sta zitto e poi gli esce un “sei brava, davvero”. Colpito».
Per dirla tutta intera Kravos è triestina, ma questo è solo per la completezza. Ha una quindicina di film sulla groppa. E mettiamoci Alza la testa con Castellitto (parte difficilissima di un trans risolta a meraviglia con una candidatura al David di Donatello), Italians, Come l’ombra, Amore bugie e calcetto, un Manuale d’amore, insomma tanti lavori di una certa griffe. Ne ha due in uscita – Amori elementari di Sergio Basso con la Capotondi e Se chiudo gli occhi non sono più qui di Vittorio Moroni. E ora La grande bellezza, unico italiano in concorso a Cannes. Celluloide ai più misteriosa. Con solamente pochi indizi a disposizione.
- Lei ci può aiutare Anita?
«Mica tanto. A noi attori è stata consegnata la parte e punto. Il resto è piuttosto nebuloso. Be’, intanto cominciamo da Roma. È città sotto i fari. Illuminata da ogni dove. Bella e bella. Inutile. C’è un giornalista, tale Jep, che frequenta i piani alti dell’arte, altolocati, ecco. Suppongo una mescolanza cultura-architettura».
- Ha tutti i toni per essere, così spariamo, una Dolce vita contemporanea. Il Marcello di Fellini che s’aggira per vie celebri e altrettanto celebri salotti... ci può stare…
«Tanto più che Fellini arrivò a Roma ventiseienne con ambizioni e caratteristiche piuttosto simili. Le confesso: non so un granché, come dicevo, ma ho pure firmato per il silenzio. Sa com’è, capita di lasciarsi sfuggire qualcosa e si rovina la frittata. Io capisco».
- Sorrentino che tipo è?
«Fa il burbero, ma non è lo è affatto. È un super preciso, e guai se non lo fosse. Non sarebbe Sorrentino. A volte parla in terza persona e comunque ti guida. Mentre giravamo all’Acquedotto romano, un posto lunare per quant’è splendido, insisteva sulla naturalezza del nostro primo incontro. “Lasciati andare, come quel giorno. Eri perfetta”».
- Non è un segreto il cast. Toni Servillo, il Jep di cui sopra, Verdone, Ferilli, Ferrari, Popolizio, Lillo, Buccirosso, Villoresi, Pasotti, Graziosi e un sacco di altri bei nomi. A chi la Kravos si è affiancata?
«Cor mejo! Servillo. Un dialogo a due. Io sono Talia, comunque. Toni è... è... indescrivibile. È lassù. Lo incontrai poco prima del ciak, informandolo, semmai non lo sapesse, con chi avrebbe interagito sul set, fra i tanti, eh. Gentile, come sempre. Dura stargli dietro. E stimolante. Sali anche tu, altrimenti, pluff, crolla il mondo».
- Quindi in maggio si farà un giretto sulla Côte d’Azur?
«Vuole che stia a casa?
- Giammai. Beata lei che ci va...
«Se perdi l’autobus mica quello ripassa per te».
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