Ambulatori sempre aperti per i medici di famiglia, il piano funziona a metà

UDINE. Sui centri di assistenza primaria esistono troppe disparità tra Udine e Pordenone, ma l’assessore regionale alla Salute Riccardo Riccardi assicura che presto si rimetterà mano all’organizzazione dei servizi, nel tentativo di fornire la stessa risposta a tutti i cittadini in ogni punto del Friuli Venezia Giulia.
Tassello fondamentale della riforma sanitaria attuata dall’allora assessore Maria Sandra Telesca per incentivare e favorire l’assistenza di prossimità, in particolare per la cura delle malattie croniche, i Cap, Centri di assistenza primaria, sono nati con la legge regionale 17 del 2014 come forma organizzativa dei medici di famiglia – contemplati anche nell’Accordo integrativo regionale dei medici di base per il triennio 2016-2018 – «espressione della rete di assistenza sul territorio», in cui accanto ai medici di medicina generale si possono affiancare altri professionisti quali pediatri, guardia medica, medici specialisti, infermieri, ostetriche, psicologi e personale amministrativo.
Troppa disparità
Mentre Pordenone viaggia a tutta velocità con i Centri di assistenza primaria che in alcuni comuni funzionano regolarmente, Udine “arranca”: due i punti di riferimento vicini alla città – quello di Feletto – Tavagnacco e quello di Zugliano – in aggiunta a Tarcento, Cividale e Manzano.
A San Vito al Tagliamento (Pordenone), con un bacino di utenza di 41 mila residenti distribuiti in sette comuni, sono otto i medici a disposizione (cinque quelli di base) del Cap, a Cordenons quattro medici di medicina generale più altri sei specialisti, a Sacile, i medici, sono addirittura 12, con tanto di servizio di radiologia, punto prelievi, dialettologia, centro di salute mentale e punto di pronto intervento.
Il paragone è diverso in territorio udinese, dove nei Cap di Zugliano e Feletto non sono stati trasferiti i medici di medicina generale ma solo alcuni “percorsi”, come quello nascita e delle patologie croniche e a Feletto è in corso di attivazione quello sul riconoscimento precoce del decadimento cognitivo, è stata trasferita la sede della guardia medica e, in integrazione con l’ambito socio assistenziale e il Comune, il percorso “Abitare possibile”.
Il limite degli orari
Presentando i Cap, Telesca aveva spiegato che gli ambulatori dei medici di Medicina generale sarebbero stati aperti da lunedì a venerdì, mattina e pomeriggio, mentre nelle ore notturne, nei sabati e prefestivi sarebbero dovuti subentrare i medici della continuità assistenziale, con una copertura sulle 24 ore. Non è andata così, anche per l’indisponibilità di molti medici.
A macchia di leopardo
«I Cap funzionano a macchia di leopardo e sono una delle materie sulle quali metteremo mano – chiarisce l’assessore alla Salute Riccardo Riccardi –: a seconda del punto in cui si trovano, i centri offrono risposte diverse e questo non è accettabile, è un diritto di tutti i cittadini ricevere le medesime prestazioni su tutto il territorio». Detto questo il vicepresidente della giunta tiene a precisare che la funzionalità dei centri dipende da una questione organizzativa dei distretti e a seconda della disponibilità dei professionisti.
«Non spetta a me il tema dei Cap, trattandosi di un’organizzazione aziendale sorta sulla base del sistema dei professionisti – spiega – e noi comunque la vediamo diversamente rispetto al centrosinistra: sono strutture utili nella misura in cui l’organizzazione ci crede». Il riferimento è chiaro e allude alla disponibilità dei medici, poco convinti, nelle parole dell’assessore, rispetto al successo dei centri.
«Se i professionisti sono i primi a non crederci è difficile funzionino – precisa –: alcuni medici di medicina generale sono d’accordo e per altri non è così, e non si possono obbligare a prestare un servizio che dipende dalla disponibilità della loro professionalità». Questo il motivo, per Riccardi, per cui in alcuni territori sono state date risposte concerete e in altri in maniera minore.
«Sull’organizzazione del sistema territoriale lavoreremo una volta terminata l’organizzazione delle aziende sanitarie – osserva –, i Cap rappresentano uno dei grandi temi sui quali ci concentreremo. A oggi questa scelta non mi entusiasma – prosegue –, vanno bene, ma se funzionano spinti dalla convinzione, non da obblighi».
I dubbi di Liguori
Sul punto, già a dicembre, era stata la consigliera regionale Simona Liguori (Cittadini) a depositare un’interrogazione in Consiglio regionale per ricevere maggiori informazioni in merito ai Centri di assistenza primaria presenti sul territorio di Udine, anche in considerazione della recente legge regionale sulla sanità, che punta al miglioramento della presa a carico del cittadino per la continuità dei percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali, con l’integrazione tra l’assistenza sanitaria e quella sociale.
«Il Centro per l’assistenza primaria rappresenta una nuova modalità per organizzare i servizi di prossimità, soprattutto se si tratta di persone anziane e fragili – segnala Liguori, ex assessore comunale alla Sanità di Udine –: sulla questione di Tavagnacco credo vada subito chiarito se la struttura è effettivamente attiva e quali e quante prestazioni svolga». «Per Udine, città di 100 mila abitanti che ha il 65% delle persone con oltre 65 anni – conclude Liguori –, non è stato prevista l’istituzione di un Cap e sarebbe indicato solo quello di Zugliano».
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