Alla scoperta della val d’Incarojo con le immagini di Segalla

Un libro racconta la vita e l’attività del fotografo, sabato la presentazione all’Istituto comprensivo di Paularo
Di Paolo Medeossi

PAOLO MEDEOSSI. C’era un tempo in cui la fotografia era un rito arcano e non una consuetudine quotidiana. Il ritratto diventava una sorta di evento meditato sia dal fotografo stesso, che doveva compiere una serie di calcoli empirici prima di procedere, sia dal cliente che, preparatosi a un momento da consegnare alla storia personale e familiare, doveva rappresentare al meglio se stesso e il proprio piccolo mondo. Da questo reciproco sortilegio veniva fuori un documento capace di raccontare la verità di un uomo, di una donna, di un gruppo sociale, indagando sui volti stupiti. Non ci credete? Capita ancora ogni tanto di trovare in giro nei paesi, durante qualche festa o sagra, alcuni di questi appassionati cultori che si dilettano a usare la fotocamera a soffietto, di quelle che si vedono in certi film di inizio Novecento. Un consiglio: mettetevi in posa e aspettate l’esito che arriva dopo qualche minuto di paziente attesa da quella lastra dove il procedimento chimico conduce a risultati magici. Vedrete un ritratto sorprendente, che delinea ciò che avete dentro senza neppure saperlo. Potenza di un’arte remota, che aveva disseminato tanti abili adepti ovunque, nelle città e nei paesi. Attraverso la loro opera, recuperata e catalogata, possiamo sapere molte cose sulla nostra storia, su chi eravamo e su cosa siamo diventati. Una sorta di ricerca archeologica riporta alla luce dettagli e soluzioni da consegnare alla eventuale curiosità.

Uno di questi personaggi era Giacomo Segalla, il fotografo nato un secolo fa, il 15 settembre 1915, e morto nel 1990, che per quasi sessant’anni è stato l’attento e scrupoloso cronista di tutto quanto accadeva a Paularo e nell’Incarojo, valle carnica che adesso ritrova grazie a lui un’anima, un senso di appartenenza a un territorio e ai suoi paesaggi. Inviato giovanissimo a far pratica nella bottega del fotografo Giuseppe Di Piazza, originario di Comeglians e con studio a Gemona, il ragazzo imparò presto e a 17 anni tornò in paese dove il padre gli costruì, accanto all’abitazione di famiglia, un piccolo laboratorio dando inizio a un’attività proseguita poi pazientemente nel tempo, a conferma che anche piccoli universi come questi, appartati e in montagna, quando trovano il narratore giusto (che sia uno scrittore, un pittore, un fotografo appunto...) sono fonte di vicende inesauribili. L’opera di Segalla si interruppe durante la seconda guerra mondiale quando fu chiamato alle armi e al ritorno trovò la maggior parte delle lastre distrutta dai tedeschi. Ripartì da lì, affiancato dalla moglie Ernesta e poi dai figli Giovanni Battista e Luigina, che con amore ne hanno continuato l’attività. Al passo con i tempi, Giacomo iniziò anche altre iniziative come la produzione di cartoline riguardanti Paularo e la Carnia in genere. Era il tempo in cui la comunicazione tra le persone avveniva per posta, mentre la storia di una famiglia era racchiusa in un pugno di immagini da esporre nel salotto buono, a partire dalle foto del matrimonio o poi del proverbiale viaggio a Venezia, con genitori e figli intenti a dar da mangiare ai colombi in piazza San Marco. Episodi insoliti, forse incredibili, per chi vive immerso in un’epoca come l’attuale, nella quale si scatta un’infinità di foto e alla fine non ne resta una da conservar per sapere chi siamo davvero o chi eravamo.

A Giacomo Segalla è dedicato un nuovo bellissimo libro, a cura di Egidio Screm e pubblicato dall’editore Andrea Moro di Tolmezzo. Si intitola poeticamente “Intun bati di cèas”, che significa in italiano “un battito di ciglia” (e sta a indicare la rapida apertura e chiusura dell’otturatore dell’obiettivo fotografico). Esce, a 25 anni da un precedente volume, in occasione del centenario della nascita dell’artista, con il sostegno del Comune di Paularo nell’ambito dei programmi per l’ecomuseo “I Mistirs”, geniale iniziativa che da sola vale una visita nell’Incarojo, zona di vivaci suggestioni artistiche, come ben si sa. Il libro sarà presentato sabato, alle 17, nell’aula dell’Istituto comprensivo di Paularo, con l’intervento di Roberta Corbellini, già direttrice dell’Archivio di stato di Udine, e di molti tra quanti hanno scritto un saggio per il libro. Oltre a Egidio Screm, sono Denis Baron, Giuseppe Bergamini, Bruno Canciani, Elisa Candussio, Moreno De Toni, Cristina Di Gleria, Claudio Lorenzini, Gian Paolo Gri, Pietro Piussi, Adriana Stroili, Dino Zanier. Le loro parole accompagnano il viaggio tra le foto di Segalla, in gran parte inedite, che raccontano questa Macondo carnica, tra storia e cronaca. Stupendo il capitolo dei “pups”, i bambini, così sinceri nelle emozioni, come un sorriso allegro o un pianto improvviso. Emozioni fermate con sensibilità da un poetico clic, che ce le regala per sempre.

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