Alfredo Follia: "A Pordenone candidate me sindaco transessuale"

La testimonianza: «Sono rimasta nonostante tutto in città». «La battaglia per i diritti degli omosessuali non è finita»

PORDENONE. Ha scelto di rimanere, di fare il suo percorso personale in città, senza mai nascondersi o nascondere la sua diversità. Lo ha sempre fatto con profonda ironia, anzi con un pizzico di “Follia” e con quella, ancora una volta, lancia una provocazione. Una boutade per far riflettere su un tema profondo: il coraggio della differenza.

Alfredo Ciuffreda, meglio conosciuto come “Alfredo Follia”, oggi più che mai Alfy, una bella signora che più di qualcuno stenta a riconoscere a primo sguardo, alza la posta di una campagna elettorale fatta di tatticismi più che di strategie.

«Serve un primato per fare uscire Pordenone dall’immagine di città triste in cui la gente viene ammazzata. Io in questa città invece sono rimasta e sono “risorta”, per cui perché non dare a Pordenone il primato della prima città primo sindaco transessuale in Italia?».

Dietro ogni scherzo c’è una verità che per Follia è comunque amara. «Sono anni che combattiamo, dentro e fuori le associazioni, battaglie per i diritti degli omosessuali, ma ho la sensazione che la gran parte di queste siano perse.

Soprattutto perché sono spesso i gay i primi a non crederci, a essere talvolta moralisti. Vivo da sempre in questa città che adoro e credo di essere una delle poche transessuali in Italia che non è emigrata per la vergogna.

Da quando ho modificato la mia immagine, per me ovviamente in positivo, ho perso molti amici gay, persone che frequentavo, con cui condividevo la vita con affetto e amicizia. Mi rendo conto che spesso sono loro i primi a giudicare e credo che questo avvenga per paura».

E aggiunge: «Non voglio dire che tutti i gay abbiano paura della loro ombra, per carità, ma sono ancora pochi quelli che hanno il coraggio di un posto al sole».

Ed è il coraggio la parola d’ordine per Follia. «La sessualità di un individuo viene accettata se sei trasparente – prosegue – se non nascondi nulla della tua vita. Da quando sono me stessa nessuno mi ha più riso dietro con appellativi poco carini.

Con questo non intendo che tutti debbano essere come me, ma tutti devono avere la dignità e la corenza della propria scelta di vità, solo così anche i politici ci rispetteranno e ci prenderanno sul serio. Troppe volte, invece, veniamo solo utilizzati, la nostra timidezza non ci aiuta in questo. E’ tempo di cambiare».

E di nuovo una provocazione: «Siamo tutti travestiti, chi da uomo e chi da donna, ma diciamolo con orgoglio, senza paura di essere giudicati o, peggio, respinti. Mi piacerebbe essere sindaco di una città così, in cui ognuno sia orgoglioso di quello che è e della comunità a cui appartiene».

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