Al Deposito c’è Paul Gilbert, funambolo delle sei corde

PORDENONE. Giovedì sera (inizio alle 22), il Deposito di Pordenone ospiterà sul palco il virtuosismo, l’eclettismo, l’esercizio di stile applicato alla chitarra, tutti elementi che hanno reso famoso fin da giovane Paul Gilbert. Per gli appassionati è un’occasione per vedere all’opera il chitarrista americano e, al tempo stesso, assistere a una sorta di lezione breve di chitarra tenuta da una figura di spicco delle sei corde, considerato un vero e proprio prodigio.
Ritenuto, da colleghi e addetti ai lavori, come uno dei migliori chitarristi al mondo, Gilbert salì agli onori della cronache rock con la sua esperienza “mainstream” con i Mr. Big, sorta di supergruppo statunitense capace di incassare consensi di pubblico in quantità industriale, a metà anni 90, con le riletture in chiave metal-pop di brani come “Wild word” di Cat Stevens e il classicone da classifica “To be with you”. Oggi quell’esperienza è superata e Gilbert si esibisce come virtuoso e artista a tutto tondo della chitarra elettrica e, nella serata pordenonese, si esibirà con la sezione ritimica degli Elvenking (Simone Morettin alla batteria e Alessandro Jacobi al basso), per poi concedersi al pubblico in un meeting per “specializzati” dello strumento.
Gli elementi tecnici che oggi sono distintivi dell’identità artistica di Gilbert erano già presenti, seppur in germe, già nelle sue esperienze musicali precedenti, a partire dal periodo di militanza nei Racer X, quando certi elementi di virtuosismo erano quasi obbligatori per accedere al mondo del “metal” dell’epoca. Successivamente, aspetti tecnici come rapidissime scale suonate con colpi alternati di plettro, veloci fughe in fraseggi neoclassici (un po’ alla maniera di Malmsteen, il virtuoso per eccellenza che all’epoca mescolava metal a temi classici), fino all’immancabile tapping, venivano tranquillamente inseriti in mezzo agli assoli dei brani dei Mr. Big, costruiti per fare braccia sul mercato e anche un po’ per dare un’identità personale ai lavori.
Qui, quindi, la melodia ha la prevalenza e gli assoli rimango confinati a qualche sprazzo qua e là, con inserimento di accordi completi oltre all’utilizzo della chitarra acustica. Poi la carriera solista dimostra come l’eclettismo di GIlbert sia reale e non di maniera; così, ecco gli approcci alle sonorità latinoamericane e, naturalmente, al blues. La serata di domani rimane quindi un’occasione quasi irripetibile per vedere all’opera un vero virtuoso, ma non solo il classico sparatore di note, bensì unartista capace di dialogare con il pubblico e calarsi anche nel ruolo, non sempre così scontato, di maestro e dispensatore di consigli.
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