«Aiutatemi, mio fratello è scomparso da 16 anni»

AQUILEIA. Sedici lunghi anni, durante i quali non ha mai smesso di cercarlo. Si sente abbandonato dalle istituzioni, ma di arrendersi proprio non ne vuole sapere. Ha scritto perfino a Papa Francesco. È esasperato Mario Lister, pensionato, 68 anni, gradese d’origine ma residente, da quarant’anni, ad Aquileia. Da sedici anni non ha più notizie del fratello, geometra, residente a Grado.
Nel 1998, Giuseppe Lister si è recato in Congo per lavoro. Da quel giorno è scomparso. «Non so se è vivo o morto – si sfoga Mario -. Non so nemmeno dove poter portare un fiore sulla sua tomba. Sono anni che aspetto una risposta. Mi sono rivolto ai media nazionali, mi hanno invitato a numerose trasmissioni televisive ma non è cambiato nulla.
Non voglio mollare. Contatterò “Chi l’ha visto”?». Una vicenda a dir poco incredibile. «Ricordo – racconta Mario – che era il 18 dicembre del 1998. Giuseppe si trovava in Congo per lavoro. Quando è partito aveva 50 anni, ora ne avrebbe 66. Quel maledetto giorno, lo ricordo come se fosse ieri, ricevetti una telefonata dai carabinieri di Grado. Mi dissero che la Farnesina aveva motivo di ritenere che mio fratello fosse rimasto vittima di un’imboscata da parte dei ribelli congolesi, nella capitale, Brazzaville. Ho cominciato a contattare ogni giorno la Farnesina.
«Se ci sono novità la chiameremo noi», continuavano a dirmi. Non ho più saputo nulla». Quello di Mario Lister è un grido di aiuto. «Desidero solo che qualcuno mi dica che fine ha fatto mio fratello – dice -. Avevo soltanto lui al mondo. Ho anche mandato un fax alla Prefettura della Casa Pontificia, nessuno ha mai risposto. Ho scritto all’ex ministro Cecile Kyenge, ma non mi hanno considerato. Non mi rassegno. Se Giuseppe è morto vorrei poter portare un fiore sul luogo in cui è sepolto». Mario ricostruisce quelle terribili giornate.
«Forse Giuseppe si è trovato in mezzo alla rivolta – spiega con un filo di voce -. Pare stesse guidando, nel momento in cui sono scoppiati gli scontri. Alcuni testimoni, almeno così mi ha riferito l’ambasciatore italiano che all’epoca si trovava in Congo, hanno detto che è stato ferito ad una gamba. Lo hanno visto mentre lo stavano portando via. Sono risaliti alla sua identità perché hanno trovato la fotocopia della patente. L’ambasciatore è andato sul posto, dopo tre giorni, ma di mio fratello non c’era più traccia. Si è scusato dicendo che non aveva potuto raggiungere prima la zona in quanto pericolosa. Ho pensato tante volte di andare in Congo, ma la Farnesina mi ha inviato a non farlo perché considerata zona pericolosa».
Assieme a Giuseppe, in auto, c’era un’altra persona. Anche di lui non si sa più nulla. «Giuseppe - aggiunge Lister - abitava assieme ad un’amica conosciuta sul posto. Ha avuto un figlio da lei. Entrambi abitano in provincia di Piacenza. Non sanno nulla. Ho parlato pure con la figlia di mio fratello, avuta dal precedente matrimonio, ma niente. La legge italiana prevede, dopo dieci anni dalla scomparsa, un certificato di morte presunta. Il certificato è arrivato e con questo hanno chiuso la vicenda, anche se non c’è certezza della sua morte. Tutto è finito nel dimenticatoio e si aspettano che io volti pagina. Non lo farò».
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