Aflatossine alte nel latte, assoluzioni e prescrizioni nel processo "Latterie Friulane"

Erano accusati di adulterazione e commercio di sostanze alimentari nocive. La procura aveva chiesto la condanna a 4 anni e 6 mesi di reclusione per ciascuno dei tre dipendenti cui era stato contestato il solo episodio relativo a 16.468 litri di latte sospetto
Campoformido-Udine 6 Giugno 2014. sequestro latticini consorzio e onferenza stampa Telefoto Copyright Petrussi Foto Press - TURCO
Campoformido-Udine 6 Giugno 2014. sequestro latticini consorzio e onferenza stampa Telefoto Copyright Petrussi Foto Press - TURCO

UDINE. Non di adulterazione o contraffazione del latte si trattò, e cioè di un reato punito con pene da tre a dieci anni di reclusione, bensì di violazione dell'articolo della "Disciplina igienica della produzione e vendita delle sostanze alimentari e delle bevande" che vieta di prepararle e venderle «insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione».

Un'ipotesi contravvenzionale colposa, dunque, normata da un regime sanzionatorio decisamente meno gravoso e, soprattutto, da un termine prescrizionale molto più breve. Ecco perché, ieri, nel tirare le somme del processo sulla presunta presenza di aflatossine M1 oltre i limiti di legge in alcune partite del latte impiegato nel 2013 dalle "Latterie Friulane", il tribunale collegiale di Udine, riqualificato il reato originario per tre dei sei imputati, ha dichiarato il «non doversi procedere» per estinzione dello stesso. A prescindere dall'eventuale sussistenza delle accuse, quindi, che la Procura, per voce del capo Antonio De Nicolo, ha già annunciato essere pronta a riproporre in sede di appello.

Sentenza di assoluzione nel merito, «perchè il fatto non sussiste», invece, per gli altri tre.Convinto della penale responsabilità di tutte le posizioni, il pm Marco Panzeri aveva chiesto condanne per complessivi 21 anni di carcere. Le più alte (4 anni e 6 mesi l'uno) erano state invocate per i tre dipendenti dell'allora consorzio di Campoformido (di cui Parmalat, nel 2015, acquisì asset e marchi) che il tribunale ha prosciolto per intervenuta prescrizione: Rino Della Bianca, di Tricesimo (per due settimane ai domiciliari), Isabella Croattini, di Pasian di Prato, e Roberto Gerunda, di Trieste, responsabili rispettivamente dell'approvvigionamento del latte, della qualità e delle produzioni.

Latte contraffatto, chiesti 21 anni di carcere
Placeholder

A tutti era contestato un solo episodio, relativo alle 3.504 confezioni di latte (per complessivi 16.468 litri) che, tra il 12 e il 14 dicembre 2013, la "Soligo" di Treviso rispedì al mittente in quanto «non conformi». «Non fecero niente per evitare di mettere a repentaglio la salute dei consumatori», aveva ripetuto il pm nella requisitoria.Escono con sentenza di assoluzione che ne accerta l'innocenza, invece, gli allevatori e produttori Ennio, Loris e Mauro Frucco, di Cornino di Forgaria, a loro volta nei guai per un asserito commercio di sostanze alimentari nocive, in relazione a 5.500 litri di latte conferiti alla Latteria di Ovaro tra il 12 e il 14 dicembre 2013. Il pm aveva chiesto 2 anni e 6 mesi l'uno. Il dispositivo è stato emesso dal tribunale presieduto dal giudice Paolo Milocco (a latere, i colleghi Mauro Qualizza e Luca Carboni).

«La riqualificazione delle condotte in un'ipotesi colposa dimostra che non è stato venduto latte volontariamente contaminato e pericoloso», hanno commentato gli avvocati Federica Tosel e Luigi Francesco Rossi, difensori di Della Bianca. Quanto alla prescrizione, «ossia il fatto che il dibattimento non ha palesemente dimostrato l'innocenza degli imputati», i legali hanno parlato di una conclusione «proceduralmente sbagliata: non siamo stati messi nelle condizioni di difenderci dal fatto, così come riqualificato, né di rinunciare alla prescrizione». Gli altri due dipendenti erano assisti dagli avvocati Maurizio Miculan, che ha parlato della «fine di un incubo» per la propria assistita, e Raffaele Leo.

L'avvocato Roberto Mete, che difendeva i Frucco, ha ricordato di «aver sostenuto con decisione fin dall'udienza preliminare come il dato analitico proveniente dall'Associazione Allevatori non fosse attendibile, per giustificare la costruzione accusatoria. Non per caso - ha aggiunto -, pochi giorni prima dell'accertamento contestato un dato analogo era stato smentito all'esito delle analisi esperite con la metodologia corretta e adottata "ufficialmente". Peraltro - la conclusione -, non poteva esserci alcuna certezza sulla circostanza per cui il latte campionato fosse stato effettivamente conferito in latteria».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto