Affare-profughi: sette indagati a Udine

UDINE. Sono accusati di aver occupato alcuni edifici per far dormire i profughi arrivati a Udine dalla rotta balcanica e di aver tratto ingiusto profitto dalla permanenza di stranieri illegalmente presenti sul territorio allo scopo di essere riconosciuti come associazione e di ottenere in futuro la richiesta del cinque per mille.
Nel mirino della Procura nell’ambito della vicenda migranti finisce l’associazione Ospiti in Arrivo.
Un dossier di 2800 pagine curato dal pm Claudia Danelon fatto anche di intercettazioni telefoniche.
Sette i volontari indagati, tutti residenti nella provincia di Udine.
La realtà da quasi due anni si occupa di richiedenti asilo nel capoluogo friulano.
Nata dall’iniziativa spontanea di un gruppo di cittadini ha prestato da fine 2014 aiuto e assistenza ai migranti in occasione dell’emergenza.
Cinque gli edifici occupati, secondo la Procura, a più riprese dall’associazione: l’ex acciaieria Safau, l’ex sede Amga di via Scalo Nuovo, un’area demaniale in via Chinotto, l’ex sede Alfa Romeo di via Cormor Alto e la caserma Osoppo.
Per tre degli indagati il reato contestato è anche quella di aver favorito la permanenza di questi stranieri per trarne ingiusto profitto.
I soggetti interessati hanno ricevuto in questi giorni l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. A difenderli sono gli avvocati Aldo Scalettaris, che segue tre indagati, Mery Mete, Patrizio Palermo, Arrigo Stefano e Caterina Bove.
«Riteniamo i reati inesistenti – questo è il commento del legale Aldo Scalettaris –. Stiamo valutando gli atti che sono molto corposi. Le attività d’indagine riguardano anche intercettazioni fatte dalle forze dell’ordine».
«Riteniamo la situazione piuttosto grottesca perchè proprio coloro che hanno cercato di ovviare a una carenza istituzionale accogliendo e aiutando i profughi allo scopo meramente umanitario, ora si ritrovano indagati e accusati di diversi reati. Oltretutto mi pare alquanto arzigogolata l’accusa di voler favorire la permanenza dei migranti per fini di lucro allo scopo di beneficiare dei contributi del cinque per mille».
Il procuratore capo, Antonio De Nicolo parla di «indagini dovute per cui non occorre generare alcun allarmismo».
«Vedremo che cosa è accaduto e ascolteremo le valutazioni della difesa caso per caso. Se ci saranno delle ragioni plausibili il caso verrà chiuso come è stato aperto».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto