Addio Francesco, in coma per 16 anni dopo un’infezione

Hanno trasformato la camera da letto in una piccola rianimazione per permettere al figlio Francesco di rimanere a casa, accudito amorevolmente. Sergio e Gabriella hanno dedicato ogni ora della loro vita negli ultimi 16 anni e 4 mesi a prendersi cura dei figlio Francesco Famà, che si trovava in uno stato vegetativo a causa di una infezione cerebrale.
Francesco è mancato giovedì mattina nella sua abitazione di Pordenone a 51 anni. A casa attorniato dall’amore dei genitori.
Il dramma di Francesco, brillante laureato in lettere e filosofia, è cominciato con una banale otite che era poi degenerata in una infezione al cervello con esito devastante, lo stato “vegetativo permanente con minima responsività”.
La famiglia lo ha curato e accudito nel lungo percorso della malattia: «Abbiamo fatto di tutto – racconta la mamma –, siamo stati sempre vicino. Lo abbiamo voluto tenere a casa e per farlo abbiamo trasformato la sua camera in una piccola rianimazione».
Padre e madre non si sono fatti piegare, pur già colpiti dalla morte di un altro figlio a 19 anni a causa di una leucemia fulminante: in questi anni sono sempre vicini al figlio, mai una uscita o una cena, sempre in casa per stare con il loro Francesco. La loro vita da quella maledetta infezione è stata dedicata esclusivamente a lui. Annullata la loro, tutto per Francesco, non importava più.
Da soli hanno fatto fronte a tutte le spese, a tutti i costi che comportano una assistenza infermieristica di 10 ore al giorno. Hanno sopperito loro, con le loro risorse, alle mancanza di un sistema che ti cura e ti offre servizi, ma solo fino a un certo punto, e che alle persone in stato vegetativo non offre ovunque strutture adeguate.
Una struttura non per la vita, perché il loro desiderio era quella di tenere il figlio a casa il più possibile, ma per il dopo, quel “dopo di noi” che spaventa molte famiglie alle prese con malattie o disabilità dei propri figli.
Per questo nel 2008 avevano lanciato un appello per fare nascere in provincia di Pordenone un centro specializzato. E l’appello, nonostante sia passato del tempo, è ancora attuale perché di strutture di questo tipo ancora non ce ne sono in provincia di Pordenone.
Un luogo, una struttura, con alcuni posti letto si era ipotizzato allora, con personale qualificato e preparato per prendersi cura di chi è in quel limbo che comunemente viene chiamato “stato di coma” con tutto quello che comporta in termini di assistenza e cura. Erano rimasti colpiti dall’istituto don Orione di Bergamo che ha una area destinata a questi pazienti e nel 2008 avevano voluto condividere la storia del loro Francesco con il Messaggero Veneto proprio per sensibilizzare le istituzioni sulla necessità di creare anche in provincia di Pordenone una struttura per queste persone, per quando fossero rimaste da sole. Una struttura che darebbe una certezza ai genitori: ammalati che così possono essere amorevolmente accuditi, con persone in grado di farlo, con una quantità e qualità dell’assistenza. Tutto per evitare ai loro cari una stanza magari isolata in una casa di riposo.
«Il nostro cruccio – racconta la mamma – era chi si sarebbe preso cura di Francesco quando saremo mancati? La nostra preoccupazione è che non avrebbe più avuto un ambiente familiare e un affetto che lui riconosceva».
Il destino ha voluto diversamente e Francesco se ne è andato giovedì mattina in quella casa dove aveva sempre vissuto, una casa piena di amore e dedizione, grazie a due genitori esemplari e eccezionali, che hanno reagito al destino con forza e determinazione.
I funerali di Francesco Famà saranno celebrati oggi alle 15.30 nella chiesa arcipretale di San Giorgio a Pordenone. «Ci mancherà – conclude la mamma – perché tutto era per lui, la nostra vita era per lui».
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