Addio al casello della Udine-Majano

UDINE. Addio al casello ferroviario dell’incompiuta ferrovia Udine-Majano. Ieri, in via Friuli, la ruspa ha demolito uno dei simboli dell’opera mai completata realizzata nella prima metà del Novecento solo perché Udine non voleva essere da meno della Pedemontana, che si stava dotando della tratta Sacile-Manzano.
Il casello, assieme alla stazione di Paderno, raccontava la storia del cantiere iniziato nel 1915 e sospeso nel 1932. Sulla Udine-Majano i binari non sono mai stati posati. Il casello è passato di mano, un privato l’ha abitato fino a due anni fa e ora il figlio ha deciso di demolirlo per costruire una bifamiliare.
“Italia nostra”, l’associazione ambientalista, avrebbe voluto tutelarlo ecco perché il presidente, Gabriele Cragnolini, lancia un appello per «salvare almeno il tracciato trasformandolo in un percorso ciclopedonale».
La storia
La storia della ferrovia Udine-Majano è una di quelle che fanno riflettere. È un’opera incompiuta: «Non chiamatela cattedrale nel deserto», raccomanda il direttore della biblioteca civica Joppi, Romano Vecchiet, che da tempo studia le Ferrovie e i treni.
Nel contributo “La ferrovia incompiuta Udine-Majano e Colloredo di Monte Albano” pubblicato dalla Società filologica nel libro dedicato a Colloredo, Vecchiet spiega il significato colto e non sempre compreso dell’opera da parte della comunità.
Da un lato, si legge, c’era «il disegno lungimirante della politica più avanzata dell’epoca, legato alle premesse di progresso ottocentesche, che voleva intercettare e trasferire su Udine (e non su Gemona e Pontebba) tutto il traffico che si sarebbe generato lungo la progettata “Pedemontana” tra Sacile e Pinzano», dall’altro «l’indifferenza di una comunità, ancora per tanti aspetti tipicamente “feudale” nelle relazioni tra contado e conti fino a tutta la prima metà del Novecento, che guarda con assoluto distacco all’innovazione che potrebbe sorgere con la nuova ferrovia, di cui non ne capisce il senso, se non, forse, quello che l’infrastruttura ha a che fare con l’emigrazione, con l’abbandono, con un lontano e incerto ritorno».
Erano gli anni della Grande guerra e la costruzione consentì a molti militari di evitare la trincea. «Questa tratta ferroviaria – continua Vecchiet – nasce per volere del Comune di Udine e per far convergere il traffico originato dalla Pedemontana in città».
Nessuno credeva veramente al progetto articolato in diverse fermate: Majano, Avilla-Santo Stefano, Buja, Treppo, Vendoglio, Colloredo di Montalbano, Fontanabona, Pagnacco, Feletto Umberto, Colugna-Rizzi, Udine, ma nonostante ciò i lavori iniziarono e furono interrotti nel 1932. «A Paderno resta la stazione voluta dagli industriali dell’epoca perché durante la Grande guerra la stazione centrale era troppo affollata».
Vecchiet lo sottolinea facendo notare che molte industrie stavano sorgendo a nord e, quindi, sentivano la necessità di portare e ricevere le merci in spazi dotati di ampi parcheggi. Oltre alla stazione di Paderno, un edificio molto degradato, resta anche il ponte lungo viale Vat. Al momento l’unica stazione recuperata è quella di Pagnacco. Il casello di via Friuli, invece, venne acquistato più di mezzo secolo fa dalla famiglia Fallone e fu trasformato in abitazione. Oggi Enzo Fallone ha deciso di demolirlo per costruire una bifamiliare.
Italia Nostra
«Il casello andava salvaguardato», afferma il presidente della locale sezione di “Italia nostra”, avviando una campagna di sensibilizzazione per tutelare quel che rimane del tracciato Udine-Majano. «A esempio la stazione di Paderno – insiste Cragnolini – o il viadotto sopra il torrente Cormôr che potrebbe diventare molto importante per l’utilizzazione di un eventuale percorso ciclopedonale».
Da alcuni anni “Italia nostra” tiene in considerazione il tracciato come «nuova “Greenway” per il territorio udinese, che può raccordare il nord della città con le zone collinari di Pagnacco e Colloredo con un itinerario ciclopedonale che potrebbe anche raccordarsi alla Alpe Adria», evidenzia il presidente di “Italia nostra” non senza dimenticare di ricordare che «ora è importante salvaguardare i rimanenti edifici e le opere ancora presenti a testimonianza della linea ferroviaria mai entrata in esercizio.
L’idea è stata fatta propria anche dai giovani del movimento “Friday for future” decisi a portare avanti la rigenerazione del vecchio tracciato anche con l’utilizzo di materiali fotoluminescenti. Negli anni, la linea ferroviaria senza binari è stata in gran parte riutilizzata dalla strada provinciale, solo nel tratto Colugna Rizzi-Udine è ancora riconoscibile.
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