Addio al cantore dei Dilettanti Claudio Rinaldi. Quell'ultima telefonata al Mv: "Ho i gironi della Coppa Italia"

TARVISIO. Aveva appena saputo la composizione dei gironi della Coppa Italia di Eccellenza. Il calcio dilettanti era dentro di lui, la sua vita, e per chiamare il Messaggero Veneto, dopo mezzogiorno, fiero sulla sua bici da corsa, aveva pure rischiato di tamponare la moglie Patrizia sulla ciclabile di Tarvisio.
«Sono Rinaldi, ho i gironi». Dall’alta parte: «Claudio scusa, sono in bici al Passo Giau, chiama Udine. Bravo». Lui, fiero: «Anch’io! Oggi Kranjska Gora, per il Giro d’Italia ci sono». Poi, la chiamata al giornale, l’appuntamento per il solito puntuale, preciso articolo, carico di notizie, per il tardo pomeriggio e l’arrivo al lago di Fusine. Lì al lago Superiore, poco prima delle 13, è finita a 59 anni la vita di Claudio Rinaldi, anima del calcio dilettanti e collaboratore preziosissimo e insostituibile (sì sarà così, già lo sappiamo) da quasi dieci anni al Messaggero Veneto, dopo aver collaborato a lungo al Gazzettino.
Aveva appena appoggiato la bici da corsa. La moglie e l’amica Sonia si erano allontanate un poco. L’amico Roberto era lì vicino. «L’ho visto stramazzare a terra - racconta Patrizia - pensavo a una stupida caduta, invece quando siamo arrivati aveva perso conoscenza». Stefano e Martina, i gestori del bar “Ai Sette Nani”, hanno cercato di rianimarlo per interminabili minuti. A nulla è servito il massaggio cardiaco di medici e infermieri che si erano subito fatto avanti tra i turisti presenti.
«Ci fosse stato un defibrillatore... È un posto frequentato, ci vorrebbe», dice con un filo di voce Patrizia, senza polemica, con grande forza d’animo. Patrizia ha avvertito la prima moglie, ora amica di Claudio, Lucia. Poi è stata letteralmente invasa dai messaggi di cordoglio da Pasian di Prato, il paese di residenza dove il marito era molto conosciuto, anche per l’impegno in politica - come presidente del Consiglio comunale - e nel sociale. E ancora da Tarvisio, dove la coppia aveva un appartamento da un paio di anni e si era subito ben integrata, dagli ex colleghi di Rinaldi, fino al 2014 apprezzato macchinista alle Ferrovie, e soprattutto dal mondo del calcio dilettanti.
Il suo mondo, quello dove Claudio sguazzava a piacimento rincorrendo notizie, assistendo alla crescita di generazioni di calciatori con la sua penna raffinata, a volte sferzante e soprattutto precisa. Chi scrive, odiava la telefonata che a volte riceveva il lunedì da Claudio.
Perché di buon mattino se aveva trovato un errore in un tabellino, in una classifica, in una cronaca tra le centinaia che il nostro giornale propone ai lettori nell’edizione più attesa del mondo del calcio, lui lo segnalava. Semplicemente, e magnificamente, con spirito di servizio. Amava il calcio, Claudio, aveva giocato fino a pochi anni fa negli amatori, ma amava molto anche il ciclismo.
Era fiero delle sue recenti uscite in bici, si preparava il 20 ottobre prossimo a salire a Canebola per raccontare ai lettori il passaggio dei corridori, come aveva fatto, in sella alla sua bici, nel maggio 2016 al passaggio del Giro a Porzûs. Ma guai a toccargli il calcio, la sua rubrica settimanale “le punture di spillo” di Eccellenza (di cui andava fiero), i “Nostri 11 del Messaggero Veneto”.
Con lui avevamo già deciso di premiare lo stesso, nonostante la fine anticipata per virus della stagione, i ragazzi del calcio giovanile a dicembre. Lo faremo istituendo il “Premio Claudio Rinaldi” per il giovane emergente dell’Eccellenza, il “suo campionato”. Lui li amava quei giovani calciatori. In loro rivedeva il suo “Ricky”, portato via 11 anni fa da un maledetto male. «Un giorno lo incontrerò», ci aveva detto una volta. Claudio, il suo Ricky, l’ha incontrato. Maledettamente troppo presto
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