Accordo Policlinico e Azienda sanitaria posto per 50 pazienti al “Città di Udine”

Oggi in programma un sopralluogo in viale Venezia. Si lavora anche a una collaborazione volontaria di medici e infermieri
Udine 2 Aprile 2020. Casa di Cura Citta' di Udine. © Foto Petrussi
Udine 2 Aprile 2020. Casa di Cura Citta' di Udine. © Foto Petrussi

Alessandro Cesare

Dopo le tensioni e le accuse, reciproche, il Policlinico “Città di Udine” e l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale hanno ricominciato a parlarsi.

Ci sono voluti anche i toni minacciosi del vicepresidente della Regione Fvg, Riccardo Riccardi, che in un momento di emergenza ha richiamato tutti all’ordine e al senso di responsabilità. Fatto sta che il dialogo tra le parti è ripartito dalla base di accordo intavolato prima della rottura, e prima dell’annuncio di voler avviare la cassa integrazione per 210 tra medici, infermieri e personale sanitario. La Casa di cura conferma la disponibilità dei 50 posti letto di medicina per pazienti “no Covid”, e già oggi i vertici dell’Asu Fc effettueranno un sopralluogo nella struttura di viale Venezia.

Si sta lavorando anche per ridurre al massimo l’effetto del fondo di integrazione salariale, dando il via libera a medici e infermieri che lo vorranno, su base volontaria, di rispondere all’appello lanciato dal Santa Maria della Misericordia, alla disperata ricerca di personale sanitario per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Dopo i “difetti” di comunicazione degli ultimi giorni, quindi, tira aria di ricomposizione della frattura, anche perché la decisione di mettere “a riposo” oltre 200 professionisti del Policlinico in un momento davvero critico per la sanità pubblica, ha fatto gridare allo scandalo non solo in Fvg, ma in tutta Italia, con la gestione della struttura di viale Venezia finita nel mirino della critica.

Lo sfogo di Riccardi

Mercoledì il vicegovernatore ha preferito starsene in silenzio per capire, dando un occhio alle carte. «Davanti agli elementi che mi sono stati presentati – afferma – giudico inaccettabile il comportamento del Policlinico. Sono sempre stato a favore dell’alleanza tra sistema pubblico e privato, e continuo a esserlo, ma considero la posizione tenuta dalla Casa di Cura irricevibile». Riccardi, nel ripercorrere la vicenda, pur comprendendo la “ragion d’impresa”, con la necessità di mantenere in equilibrio gli aspetti economici e finanziati di un’azienda, ribadisce come in una situazione di emergenza come quella attuale, l’aspetto sociale debba prevalere: «Mi attendo una retromarcia sulla decisione di attivare la cassa integrazione al Policlinico, scelta che reputo una follia – tuona il vicepresidente –. Se ciò non accadrà utilizzeremo tutti gli strumenti in nostro possesso per rimettere ordine a questo comportamento inaccettabile». Parole pronunciate ieri mattina, a cui è seguito un colloquio telefonico “bollente” con l’ad del Policlinico, Claudio Riccobon. Qualche ora dopo è stata diffusa una nota stampa da parte della struttura di viale Venezia.

Tornano disponibili i 50 posti letto

«Il Policlinico è e resta sempre a disposizione della collettività per supportare il servizio sanitario. I 50 posti letto di medicina che ci erano stati chiesti il 16 marzo dall’Aus Fc per ospitare i primi pazienti – si legge nel comunicato – restano utilizzabili già da ora se c’è la necessità di alleggerire i reparti dell’ospedale di Udine messi in difficoltà dall’emergenza coronaviurs. Medici, biologi, tecnici, infermieri e operatori sociosanitari sono pronti per assicurare i servizi di diagnostica per immagini, cardiologia e laboratorio analisi. Tutti operanti, in caso di urgenza, anche di notte e nei giorni festivi». Sul tema degli ammortizzatori sociali, la Casa di cura chiarisce: «Il Policlinico ha ventilato la possibilità di ricorrere temporaneamente al Fondo di integrazione salariale per i propri collaboratori a fronte di un calo significativo delle attività, nell’ attesa della concreta attivazione dei posti messi a disposizione». Una “possibilità” confermata ieri ai dipendenti con una lettera in cui si fa riferimento all’attivazione della procedura sindacale per accedere agli ammortizzatori sociali in maniera retroattiva (a partire dal 23 marzo).

Interviene il sindaco fontanini

«Trovo veramente assurdo che in un momento come quello attuale, in cui c’è un disperato bisogno di medici e infermieri, oltre 200 professionisti della sanità siano costretti a rimanere a casa». Così Pietro Fontanini, che aggiunge: «È di fondamentale importanza che tutti i soggetti chiamati alla gestione di questa epidemia, e soprattutto quelli impegnati nel settore della sanità, abbandonino le rigidità e la sterile difesa del proprio orticello, assumendo un atteggiamento costruttivo e collaborativo con le altre strutture e teso esclusivamente al perseguimento del bene rappresentato dalla salute pubblica».

La sinistra sugli scudi

Il “caso policlinico” arriva non solo in Consiglio regionale ma pure in Parlamento. A prendere posizione sono il deputato di Leu, Nicola Fratoianni e il consigliere regionale ed ex sindaco di Udine, Furio Honsell. «Trovo immorale che i proprietari della sanità privata in Italia stiano attivando la cassa integrazione per i propri dipendenti quando siamo in emergenza sanitaria e la sanità pubblica è sotto stress. Accade in Friuli Venezia Giulia, la settimana scorsa era accaduto in Calabria, e la medesima richiesta era stata avanzata pure in Umbria, e immagino che stia succedendo così anche nel resto del Paese».

Queste le parole di Fratoianni, che auspica un intervento di Governo e Regioni per bloccare l’utilizzo degli ammortizzatori sociali nelle strutture private. Per Honsell la situazione venutasi a creare a Udine «è il sintomo del caos con il quale l’emergenza Covid-19 è trattata a livello regionale. La mancanza di una regia univoca nel sistema e nel governo tra pubblico e privato e di un’efficace rete d’emergenza, è il risultato di una politica totalmente miope circa i reali bisogni dei cittadini e degli operatori sanitari», chiude l’esponente di Open Sinistra Fvg. —

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