Accessi abusivi sulla mail, medici assolti

UDINE. Non c’è prova che a mettere le mani nella posta elettronica di una collega sia stato proprio lui. E neppure che la sua convivente abbia tentato di coprirlo. È con la formula dubitativa che i medici David Pontello, 40 anni, di Udine, e Paola Veronese, 38, di Rovigo, all’epoca dei fatti in servizio al reparto di Ginecologia e ostetricia dell’Azienda ospedaliero-universitaria, sono stati assolti dopo tre anni di processo.
Per lui, che era accusato di violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza aggravata, il giudice Angelica Di Silvestre ha pronunciato sentenza di assoluzione «per non aver commesso il fatto», mentre per lei, che era chiamata a rispondere di favoreggiamento personale, «perchè il fatto non sussiste».
Nel ribadire con forza la ricostruzione accusatoria, il pm Viviana Del Tedesco aveva concluso per la condanna di entrambi a sei mesi di reclusione. Costituitasi parte civile con l’avvocato Virio Nuzzolese, la ginecologa cui apparteneva la mail saccheggiata aveva presentato domanda di risarcimento dei danni. Assoluzione, in subordine anche con la formula dubitativa, la richiesta dei difensori, avvocati Maura Veronese e Ingrid Pontello.
Gli accessi abusivi risalgono alla mattinata del 9 agosto 2011, dopo che Pontello diede il cambio alla collega per il turno di guardia: il primo, dopo le 9 e per complessivi 42 minuti, il secondo alle 10.16 e seguito da una ricerca su Google sulle isole Eolie, dove la coppia si recò poi in vacanza, e il terzo attorno alla mezza e per 13 minuti. È in questo lasso di tempo che l’intruso aveva inoltrato quattro e-mail dall’archivio all’indirizzo del primario.
Relative a uno scambio di opinioni sul reparto, secondo il pm avrebbero potuto screditare la ginecologa. Il movente, in altre parole, sarebbe stato di metterla in cattiva luce. Era toccato a un consulente della Procura isolare alcune tracce del passaggio dell’hacker nel software e indicare in Pontello l’autore della navigazione abusiva.
«Chi, se non lui – ha sostenuto in aula il pm –, visto che un attimo prima dei 42 minuti aveva scaricato un documento di una paziente adoperando la propria password». Come dire che se ci fosse stata un’altra persona, si sarebbero quantomeno incrociati, o che Pontello avrebbe potuto sporgere a sua volta denuncia contro ignoti per uso indebito della sua password.
A inguaiare la Veronese, a indagini avviate, era stata in particolare la risposta fornita in Procura come persona informata sui fatti rispetto a uno stage che un collega stava cercando di ottenere a Londra e di cui lei poteva avere saputo solo attraverso le mail lette dal fidanzato. Circostanza respinta dall’avvocato Veronese. «Era il segreto di Pulcinella – ha detto –. Quanto alle password, in realtà capitava che i medici se le scambiassero per esigenze di lavoro.
È stato un processo basato su pettegolezzi. Il clima era pesante e in molti li invidiavano». Pontello e Veronese non lavorano più a Udine. «Hanno continuato la loro brillante carriera altrove», ha concluso il legale. L’intenzione del pm, intanto, è di impugnare la sentenza.
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