Abuso, Strassoldo “prescritto”: esco pulito da tutte le accuse

UDINE. Cancellata per prescrizione: la condanna a 6 mesi di reclusione, sostituita in appello con 6.840 euro di multa, che era stata inflitta all’ex presidente della Provincia, Marzio Strassoldo, per l’assunzione extra dotazione organica dell’avvocato Marco Zucchi alla direzione dell’Area ambiente, non esiste più.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, annullando senza rinvio la sentenza impugnata, «perchè il reato è estinto per prescrizione». La decisione, l’ennesima pronunciata da un tribunale nei confronti dell’allora numero uno di palazzo Belgrado, chiude non soltanto l’ultima delle vicende penali ancora pendenti, ma anche l’intero iter giudiziario nel quale era rimasto imbrigliato. Consentendogli di uscire “vittorioso” da ogni procedimento.
«Pulito su tutti i fronti – afferma –, a riprova del fatto, o quantomeno dell’impressione, che nei miei confronti, in vista delle regionali del 2008, fosse stata ordita una manovra politica tesa a danneggiarmi. E, ancor di più, che la magistratura viva nel pregiudizio che la classe politica sia la parte disonesta del Paese, mentre i dirigenti che lavorano negli uffici siano quella sana e integerrima».
Quattro i fascicoli penali via via aperti dalla Procura di Udine a carico di Strassoldo (quelli parallelamente avviati dalla Corte dei conti sono tutt’ora in corso). Il primo e anche più devastante era stato quello legato al patto pre-elettorale del 20 febbraio 2006 con l’ex vicesindaco Italo Tavoschi.
Voto di scambio l’accusa ipotizzata e per la quale entrambi erano stati condannati in primo grado, nel 2009, a 6 mesi e 20 giorni di reclusione. Tre anni dopo, la Corte d’appello di Trieste aveva ribaltato il verdetto, ritenendo non provata la tesi accusatoria.
Trattandosi di reato con prescrizione breve, comunque, i giudici avevano convenuto per una pronuncia di «non doversi procedere». Svelato dal “Messaggero Veneto”, il caso aveva sollevato un tale polverone, da spodestare Strassoldo con la sfiducia approvata dal Consiglio provinciale il 7 dicembre 2007.
Poi era arrivata l’inchiesta sull’acquisizione delle quote Exe dei privati e sulla concessione agli stessi del diritto di conferire rifiuti in una parte della discarica di Trivignano Udinese. Accusati di concorso in abuso d’ufficio, Strassoldo e Mauro Zanin, all’epoca presidente della società, erano stati assolti nel 2012 dal tribunale di Udine con formula piena.
Dal medesimo filone investigativo era scaturita nei confronti del solo Strassoldo un’ulteriore ipotesi di abuso d’ufficio, in relazione all’affidamento di un incarico dirigenziale all’avvocato Zucchi per un anno, dal novembre del 2006. Il processo si era concluso con la condanna dell’ex presidente a 6 mesi di reclusione. Assistito dall’avvocato Marco Zanotti, in secondo grado Strassoldo aveva ottenuto la sostituzione della pena detentiva con una multa.
«Una decisione mai vista prima – ha commentato il legale – e che aveva fortemente ridimensionato la portata della condanna». In Cassazione, gli Ermellini hanno sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio, ribadendo come l’imputato avesse individuato il candidato cui affidare l’incarico «senza procedura selettiva e sulla base di un rapporto “intuitu personae”», e ricordando come Zucchi avesse presentato il proprio curriculum soltanto il giorno prima e come fosse «privo di titoli ed esperienze che ne comprovassero la qualificazione in materia ambientale». Considerata, tuttavia, la prescrizione intervenuta il 25 settembre 2014, la sentenza è stata annullata.
Tutt’altra, nel merito, la posizione mantenuta da sempre da Strassoldo. «Ci serviva un dirigente esperto di diritto – ripete – e l’avvocato Zucchi, giovane e sveglio, lo era. Lo ha dimostrato nei due anni di assunzione, lavorando molto bene e facendo sempre gli straordinari. Prima di prenderlo, i due giuristi cui ci eravamo rivolti diedero parere positivo e la Funzione pubblica ci assicurò che la norma per la quale mi era stato contestato l’abuso d’ufficio sarebbe stata abrogata. Cosa che puntualmente avvenne. Ma il punto – continua – è un altro: L’atto interno da me firmato avrebbe avuto effetto verso l’esterno soltanto al momento della sottoscrizione del contratto. Compito che spettava alla segretaria generale. Se veramente il provvedimento fosse stato illegittimo, avrebbe dovuto dirmelo. Per mettersi al riparo da eventuali contestazioni, invece, si limitò a esprimere parere negativo con riserva. Il risultato? Io indagato e lei neppure sfiorata dall’inchiesta».
Nel frattempo, nel 2014 era arrivata anche l’archiviazione dell’inchiesta sul presunto inquinamento del depuratore del Cipaf di Osoppo, che vedeva Strassoldo indagato insieme ad altre 15 persone, tra industriali e tecnici. «Forse – è il suo amaro commento –, mi dedicavo troppo alle questioni istituzionali e frequentavo poco gli ambienti politici. Dimenticando di guardarmi alle spalle. Resto comunque soddisfatto della mia esperienza in Provincia – conclude –: alla fine, è davanti alla gente che bisogna presentare il bilancio del proprio mandato».
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