A Pordenone nessuna guardia medica sabato sera: sovraccarico anche su ambulanze e pronto soccorso

Un sabato notte in zona bianca. Tanta gente finalmente fuori, a divertirsi, qualcuno purtroppo anche a sballare, e organici sanitari ridotti allo stretto necessario, come in ogni weekend. Due ambulanze in servizio con base al Santa Maria degli Angeli e personale del turno notturno in ospedale già oberato di lavoro.
Non bastasse, a Pordenone nella notte fra sabato e ieri si è aggiunto un aggravio: l’assenza della guardia medica. Non in uno sperduto paesino montano (che già creerebbe problemi), ma nella città capoluogo di provincia (per quanto ormai con la minuscola).
Zero guardie mediche in servizio, a Pordenone, significa che, in assenza di medici di base reperibili, chi sta male di notte deve rivolgersi al 118, impegnando nel caso una ambulanza, o recarsi di persona al pronto soccorso, con un intasamento maggiore di quest’ultimo reparto.
Ma come può accadere che un capoluogo resti senza guardia medica? L’abbiamo chiesto al direttore generale dell’Asfo Joseph Polimeni, che gentilmente ci ha risposto anche di domenica.
«Il tema della carenza dei medici di continuità assistenziale – ha dichiarato – è nazionale, riguarda molte città italiane. Il ruolo è vissuto come un passaggio verso la posizione di medico di medicina generale, molti professionisti hanno in corso specializzazioni. In contemporanea fanno altre attività, c’è una carenza oggettiva. Sono medici che si inseriscono nel panorama più ampio della medicina convenzionata. C’è una differenza tra medici dipendenti, che hanno un contratto, e convenzionati, che hanno un accordo. Le parole hanno un peso. Il rapporto, per questi ultimi, è parasubordinato. Ci sono margini di autonomia su cui, come azienda, non possiamo incidere. C’è un accordo collettivo nazionale, uno regionale e poi un integrativo aziendale. È un problema cronico che, a mio avviso, non si potrà sistemare nemmeno in futuro, se non cambieranno tutta una serie di regole. L’azienda non può cambiare le leggi. Abbiamo, però, preparato una proposta di accordo integrativo aziendale, sulla base di quello regionale, e dopo un lungo confronto al comitato della medicina generale, l’abbiamo inviata ai sindacati della medicina convenzionata Fimmg, Fimp e Sumai. Non risolve il problema della carenza, certo, ma sistema molte altre partite, dalla formazione all’indennità per i medici in servizio, per esempio, in carcere e nelle Rsa. Oggi i medici di continuità assistenziale sono assegnati per sedi e non per ambiti territoriali e questo purtroppo pesa. Ne abbiamo 5, di ambiti, e in ogni distretto una o più sedi di guardia medica. Ad Azzano una, a Sacile una, a San Vito una, a Pordenone due, a Casa Serena e alla Rsa di Roveredo in Piano. Queste ultime, con la Cittadella della salute, che apriremo a settembre, avranno in questa sede una collocazione unica. La problematica si avverte di più in ambito montano, nel Distretto delle Dolomiti friulane, che ha 5 sedi: Maniago, Spilimbergo, Meduno, Claut e Anduins. Vorremmo rimodularle per renderle compatibili con criteri georeferenziali. Oggi i professionisti non sottoscrivono una lettera d’incarico annuale vincolante all’accettazione dei turni proposti e all’invio di un preavviso in caso di interruzione del rapporto di lavoro. Abbiamo cinque medici fissi, tutti gli altri non lo sono. La nostra proposta di integrativo aziendale, oltre a sistemare l’assegnazione per ambito e non per sede, renderebbe la lettera d’incarico vincolante all’accettazione dei turni proposti dai direttori di distretto. Verrebbe previsto il ruolo di coordinatore del servizio di continuità assistenziale. Sarebbe allegata una carta dei servizi e sarebbe introdotta la registrazione delle telefonate, come già avviene per quelle al 118. Abbiamo inviato il documento via Pec ai sindacati, che credo risponderanno entro qualche giorno».
Nel frattempo la coperta resta corta. E ora, oltre a non riparare le zone periferiche, mette a nudo i problemi di un capoluogo sempre più tale solo sulla carta. —
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