A Gorizia le note della marcia reale, imbarazzo delle autorità

GORIZIA. Strascico di polemiche per la visita “reale” di Emanuele Filiberto di Savoia, che nel fine settimana ha fatto tappa a Gorizia e Trivignano. Proprio dal capoluogo isontino ha iniziato a espandersi a macchia d’olio la protesta per la sostituzione dell’inno di Mameli con l’antica marcia reale sabauda.
Il tutto nell’imbarazzo generale delle autorità, che di certo dopo i consueti squilli di tromba non si sarebbero aspettare di udire note differenti da quelle del “Canto degli italiani”. Un canto che evidentemente a qualcuno è rimasto strozzato in gola, soppresso dalle note della marcia reale.
A fare da location al regal scivolone è stato il parco della Rimembranza di Gorizia, prima tappa della due giorni in Fvg di Emanuele Filiberto, davanti a un fitto schieramento di autorità civili e militari per l’alza bandiera e il picchetto d’onore organizzato dall’associazione culturale San Paolino d’Aquileia.
Un’occasione che, come ci racconta uno dei presenti che preferisce restare anonimo, «sarebbe dovuta essere finalizzata a ricordare e onorare i caduti della prima guerra mondiale, ma che si è rivelata una specie di messinscena per omaggiare sua altezza reale, dalla richiesta di onori fino alla marcia sabauda al posto dell’inno di Mameli.
Siamo stati testimoni di diverse scelte che possiamo definire quantomeno fuori luogo, così come di cattivo gusto la scelta di far salire la bandiera italiana sulle note di una musica che solitamente non la dovrebbe accompagnare».
Qualche spiegazione, nel tentativo di smorzare fin da subito i toni della polemica, cerca di darla uno degli organizzatori, Alessandro Berghinz.
«È stato uno svarione» ammette, «ma non c’era assolutamente la volontà di provocare. In realtà la richiesta che avevo fatto ai musicisti era quella di eseguire l’inno sardo, che può essere eseguito in queste circostanze. Dobbiamo considerare che la commemorazione si è tenuta in un contesto di rievocazione storica e insieme a un gruppo di figuranti della prima guerra mondiale. In quel periodo, l’inno di Mameli non c’era e la marcia reale si è inserita in questo scenario storico».
Insomma, uno scivolone, seppur regale, che secondo gli organizzatori non aveva alcun secondo fine, men che meno quello di infangare la Repubblica o il tricolore. «A conferma della nostra buonafede il fatto che a Trivignano abbiamo eseguito l’inno di Mameli, per di più nel contesto di una cerimonia che si stava svolgendo in una proprietà privata, dove avremmo potuto suonare quello che avremmo preferito», ha concluso Berghinz.
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