A cent’anni dalla nascita Udine non dimentichi il suo Renzo Valente

Nasce l’idea di un busto per celebrare il cantore della città. La proposta è dell’avvocato Dalla Mura. La ricorrenza a gennaio

UDINE. Occhio al 2016, arrivano mesi densi di anniversari. In sintesi: in maggio 40 anni dal terremoto, 70 del Messaggero Veneto, in luglio 150 dell’annessione di Udine e ampia fetta del Friuli al Regno d’Italia, in settembre 150 dell’istituto Zanon, in novembre 100 della nascita di padre Turoldo eccetera eccetera.

Ma tutto può cominciare il 14 gennaio 2016, almeno in chiave cittadina, con i 100 dalla nascita di Renzo Valente, il nostro grande scrittore scomparso nel 2002.

Udine ha avuto tanti ispirati autori che l’hanno amata e narrata, ma nessuno come il mitico “Rensuti” è riuscito a viaggiare nella sua anima, tra salotto, cucina, cantina e soffitta, ridando ossigeno e dignità al dialetto, sempre così stretto nell’angolo tra italiano, friulano, inglese, tedesco...

Allora arriva il centenario e la città che fa? Già, che fa? Tema rilanciato di recente da Sergio Gervasutti nella sua rubrica di risposte ai lettori.

Se lo chiedi agli amministratori ti guardano sconsolati ricordando che, in tema di toponomastica, ormai ogni buco è stato riempito: piazze, piazzette, vie, vicoli, passaggi pedonali, aree verdi, larghi e larghetti, ogni angolo cittadino ha un nome e cognome.

Se non cominciamo a intitolare anche le altane lo spazio proprio non c’è. Un paio di anni fa era nato un comitato per dedicare a Valente una statua come quelle che si vedono a Trieste, dedicate a Saba e a Svevo, ma poi è calato il silenzio.

Ora spunta un’altra idea, di cui si fa portavoce Carlo Dalla Mura, che tutti conoscono come avvocato, ma che (come si è raccontato in un articolo lo scorso agosto) alle spalle ha un passato di straordinario fotografo per caso, a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta.

Dalla Mura era ragazzo quando conobbe Valente, più grande di 11 anni, e quello gli diceva: «Cosa vusto saver ti che te xe ancora un putel!». Poi diventarono amici. L’avvocato aveva lo studio in via Manin e lasciava la bicicletta parcheggiata in strada.

Spesso vi trovava sopra un bizzarro biglietto di saluto, scritto da “Rensuti” che, dopo aver lasciato la storica casa di via del Monte, abitava allora in via Massimo D’Azeglio, vicino al conservatorio Tomadini.

Ogni giorno affrontava l’avventuroso viaggio a piedi che da casa lo portava fino in via Manin per acquistare il pane. Transitando di lì, lasciava quei foglietti, che Dalla Mura ha gelosamente raccolto e donato alla biblioteca Joppi dove sono conservate tutte le carte del giornalista.

Eccone alcuni esempi: «Beato l’avvocato che pedala senza fiato». «Torna la bicicletta finalmente ed è l’ora del braccio e della mente.... Metà Metastasio e metà io». «Quando il ciel pioggia minaccia, lascia la bici e incrocia le braccia». «Ritorna la bici sotto la torre, vuol dire che l’avvocato viene e corre».

«Si svegliano le violette ma anche le biciclette... Leopardi». «Una bici anche di sera, un cliente almeno si spera». «In bici la mattina, cliente si avvicina». «Piove sulla bici del legale, si pedala comunque e la parcella sale». «Quando il sol bacia la bici, per gli avvocati giorni felici». «Sia assolta bene o male la bici che porta in tribunale».

I biglietti, con i simpaticissimi riferimenti alla professione dell’avvocato, risalgono più o meno al 2001 e dintorni. Ecco allora l’idea di Dalla Mura ricordando appunto il tragitto che Valente affrontava per procurarsi il pane quotidiano partendo da via D’Azeglio, imboccando la bellissima via Verdi e poi via Manin.

La proposta è quella di ricordare “Rensuti” con un busto che lo raffiguri, da collocare sulla strana collinetta accanto al Tomadini, proprio davanti allo scenario di Giardin Grande.

Naturalmente questo è solo un abbozzo di suggerimento, sperando che qualcosa possa far scattare. Gennaio è dietro l’angolo, manca poco, però la speranza è sempre vispa. Udine è così: alle volte sorprende (in positivo) quando meno te l’aspetti.

L’arguto Renzo Valente aveva la vista lunga, tanto da immaginare addirittura il giorno in cui la città si sarebbe posta il problema: e adesso come lo ricordiamo? Era il 1996 e a Udine si discuteva molto su un altro centenario, quello della nascita della fotografa Tina Modotti.

Alla fine si decise di porre una lapide con i versi di Pablo Neruda sulla casa di via Pracchiuso. Valente scrisse un articolo su tale fatto.

Eccone un frammento: «Cento anni. Personalmente ne ho di meno, ma ai miei cento, quando cadrà il mio compleanno e mi metteranno la stele sulla casa, facciano le cose per bene, non diano retta alle signore che interferiscono, non si curino di loro, ma guardino e passino, e se prevedono che possano sorgere delle complicazioni prendano nota... La mia storica casa è in via del Monte numero 6, quarto piano, telefono 509750, prefisso 0432, codice di avviamento postale 33100, Udine, Italia, e non disturbino altri Neruda per farsi fare l’epigrafe, l’anticipo io adesso, ecco qua. A Renzo Valente, cittadino esemplare ma anche fotografo, il Comune pose».

Pensiero (suo) finale: «Che bravi che eravamo. Quando fotografavamo noi, facevano tutto da soli, non avevamo bisogno di nessuno, neanche dei tromboni. Autonomi. Autarchici. Indipendenti».

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