«Sul Cason di Lanza c’è già il terreno per fare il colpaccio»

L’opinionista tv Davide Cassani presenta l’inedita salita «Non pensavo fosse un’ascesa così feroce: farà sfracelli»
Di Davide Cassani

Paularo è un bel paese nel cuore della Carnia. È qui che entra nel vivo la decima tappa che prende il via da Cordenons e dopo 168 km terminerà a Montasio: 80 km di strade semplici e scorrevoli. Dopo Tolmezzo si comincia a salire, sempre con una certa delicatezza. Cento km alle spalle e 67 da fare, Paularo il paese d’origine di Franco Pellizotti, unico friulano in gara. Dopo il ponte la strada diventa un budello, è molto stretta e ci sarà una bella lotta per prendere la salita nelle prime posizioni di un gruppo che sta andando verso un’ascesa inedita, mai fatta prima: Cason di Lanza.

Mancano 64 km. Non avendola mai fatta mi sono preparato studiando nel dettaglio l’altimetria e so che Cason di Lanza è divisa in due settori con in mezzo un tratto in discesa di 2 km. In totale sono 14, i primi 6 facili gli ultimi 6 difficili. Non mi sono scaldato bene, ma ho l’impressione che di facile qua non ci sia un bel niente. La strada è stretta, silenziosa, arcigna. Ho fatto un primo tornante, un secondo, un terzo e il mio Garmin continua a indicarmi una pendenza intorno al 12/13% e non si è bloccato, semmai sono le gambe un po’ legnose. Dopo un paio di km imbocco una galleria, finalmente posso respirare. Se la prendono forte rimangono subito 30 corridori, non di più. Per arrivare al primo scollinamento i successivi 4 km sono con pendenze a una cifra. La pedalata torna leggera, i muscoli felici di contrarsi e rilassarsi senza particolari difficoltà. I due km a scendere sono molto tecnici, ma piacevoli anche se ormai sono pronto per la seconda parte di salita che si preannuncia severa. Ci siamo. La valle si apre davanti ai miei occhi, anche il sole vuole dire la sua spuntando di tanto in tanto in mezzo a nuvolacce. Mi alzo sui pedali, mi siedo, mi rialzo, torno a sedere, cambio rapporto, alzo la testa, l’abbasso, ho fatto solo 800 metri, ma così ripidi che quando ritrovo pendenze più umane neanche tolgo il 34/25. Appena 300 metri e comincia il secondo muro. Altri 800 metri con pendenze che arrivano al 17%. Mentre sto litigando con la mia bicicletta mi supera (in auto) Enzo Cainero: “Davide, non è questo il tratto più duro, mandi mandi” e se ne va. Sono preoccupato e affaticato, ma quando vedo la terza rampa mi demoralizzo. Micidiale. Questa fa male, quasi 1.500 metri dal 15 al 18% e non esagero, giuro. Un cartello stradale con scritto “Austria km 2” a sinistra mi ricorda che sono quasi al confine, ma io resto in Italia e vado a destra, la salita ritorna abbordabile. Mancano 2 km, il duro non è finito, manca il quarto gradone di 600 metri. Più che un Cason de Lanza mi sembra un casin de l’ostrega...ma ormai è finita, l’ultimo mezzo km è pianeggiante. Non pensavo fosse così feroce. A proposito, la storia dice che Attila con il suo esercito nel 492, invase l’Italia passando proprio di qua. Il capo degli Unni aveva saputo che da queste parti era nascosta la spada di Marte (Lanza sta a significare lancia)...Tornando ai tempi nostri dico che, se qualche scalatore in giornata dovesse decidere di attaccare e portare via un gruppetto di 5-6 corridori, qualche passista forte da classifica rischierebbe grosso perché salite così dure al Giro di quest’anno non ce ne sono tante. Dalla cima mancano 50 km, 13 di discesa pura, stretta, ripida. Ci sono diversi tornanti, ma anche parecchi rettilinei dove la velocità sarà talmente elevata che l’istinto ti ordina di frenare. A conoscerla si risparmiano almeno 30’’ perchè ci sono tante curve che si possono affrontare con un leggero tocco del freno.

@davidecassani

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