Il paesino della provincia di Vicenza che aspetta il Papa (e spera sia “il suo” Parolin)
A Schiavon, dove è nato il cardinale Pietro Parolin, si segue con emozione e speranza il conclave: maxischermi nei bar, tv accese nelle case, e una comunità intera che sogna di vedere “don Piero” affacciarsi come Pontefice

Chi entra Papa esce cardinale. Lo sa bene questo spicchio d’Italia, che sfida la scaramanzia. E, la sera della prima riunione del conclave, si incontra al bar Centrale, un nome nel rispetto della migliore tradizione dei paesi, davanti al maxischermo. Perché qui a Schiavon – 2600 anime di paese, che si danno tutte del tu – “don Piero” è uno di famiglia.
Ma questo è il Veneto bianco, il Veneto dei campanili. Il Veneto agricolo e il Veneto schietto. «Sa perché non parlo con quelli delle tv? Perché mi so vecia e so soeo el diaeto» ci confida una signora.
È un paese che sta prendendo le misure con la popolarità. Con gli schermi delle televisioni che hanno iniziato a riempire le strade e ad insinuarsi nelle attività.
Gli amici stretti
Giovanni Bertinazzo, che, con Parolin e la sua famiglia, ha vissuto sette mesi, invita tutti a uscire dal suo negozio di ferramenta. «Qui negli ultimi giorni non si vive più. Hanno letto i giornali ed è un viavai continuo: Rai Uno, Canale Cinque» dice. Cortese, ma risoluto. Forse prende fiducia dall’accento “di casa” e ci invita in cucina. Accanto alla moglie, ci mostra il televisore già acceso su Rai Uno. «Ma poi – dice – la fumata la voglio vedere da solo. Se dovesse affacciarsi don Piero? Mi metto a piangere di sicuro. Per me, è come se fosse un figlio».

Usciamo dal suo negozio, esattamente di fronte alla casa in cui Pietro Parolin è nato e ha vissuto durante l’infanzia, e ci dirigiamo a casa di Gianna Costa. Anche lei “don Piero” lo conosce da quando era bambino. «Sono tanto amica della zia ed ero tanto amica di sua mamma. E poi, da ragazzo, mio figlio Fabio ha giocato a calcio con suo fratello Giovanni».
Ci accoglie a casa sua, la televisione accesa su Rai Uno, mentre sta finendo le pulizie di casa. Parliamo di religione e ci racconta che cosa dovrebbe essere la Chiesa, secondo lei: «Dovrebbe essere la Chiesa dei poveri. Quella del Papa che, a San Pietro, si spoglia per dare i suoi abiti alle persone che dormono per la strada. Vedere la ricchezza di San Pietro, gli anelli d’oro: a me, questo, non piace».
Poi suona il telefono. È il figlio Fabio: «Certo che sto guardando Rai Uno. Sì, c’è il camino. Ho il volume acceso, sì». Ci guarda e sorride: «Era preoccupato che me ne fossi dimenticata». E su Parolin: «Siamo stati a trovarlo a Roma già due volte, con il pullman: eravamo da tutto il paese. Dovesse diventare Papa, scenderemmo di sicuro».
Nei bar di Schiavon
Intanto, nei bar iniziano a radunarsi i giornalisti, dopo una giornata di lavoro, e gli abitanti del paese. I locali si sono organizzati con i maxischermi. I discorsi sono sempre gli stessi. La speranza per Parolin, ma anche la consapevolezza di cui sopra: a furia di parlarne, di solito, i nomi si “bruciano”.

E poi una gara di ipotesi sui motivi di un’attesa così lunga. C’è anche chi cita Skardy e si lascia andare a un «vojo un Papa nero».
Eppure fu proprio a Schiavon, quasi 60 anni fa, che il parroco di allora profetizzò per il giovane Pietro un futuro da pontefice. «Era soltanto un chierichetto, ma don Augusto lo aveva capito già allora» racconta Camillo De Toffoli.
Intanto, la pioggia inizia ad abbattersi fitta su Schiavon. E il bar, oltre che un raduno, diventa anche un rifugio. C’è un gruppo di amici che ha preso posto in prima fila, davanti al maxischermo. Sono in cinque e arrivano da Longa, il paese accanto. Sono riusciti a bere l’aperitivo, a ordinare il primo e pure il secondo.
In tv si rincorrono le ipotesi sul ritardo. Fino a quando, all’improvviso, si interrompe il segnale, a causa del maltempo. È il classico paradosso di queste situazioni. Perché poi, al riattivarsi del segnale, ecco la nebbia addensarsi attorno al camino. È una fumata nera. «Ea xe proprio nera» rafforzano dalle prime linee.
Il gruppo di amici seduto in prima fila è conteso dai giornalisti. «C’era da aspettarselo, un Papa eletto alla prima riunione non s’è mai visto» commenta Adriano Bernardi.
Intanto, poco dopo, le luci iniziano a spegnersi, nelle case. «Dopo la fumata, io vado subito a letto» aveva promesso Bertinazzo.
A casa della signora Gianna, il telefono suona ancora, ed è sempre il figlio Fabio. «Gli ho detto che ho visto la fumata nera. Ma domani secondo me andrà meglio. E, se non sarà Parolin, mi piacerebbe che eleggessero quello che arriva da Bologna».
I giornalisti coprono le telecamere e si infilano nelle auto, diretti in albergo. Quella di oggi sarà una lunga giornata. E, chi lo sa, il cielo potrebbe pure assumere un colore diverso.
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