Femminicidio di Giulia Cecchettin, la Procura rinuncia all'appello contro Filippo Turetta

La decisione chiude la vicenda processuale, per cui il 14 novembre prossimo era prevista la prima udienza di secondo grado. La famiglia: «Ora possiamo voltare pagina»

Roberta De Rossi
Filippo Turetta in una pausa dell'udienza,Venezia, 26 novembre 2024
Filippo Turetta in una pausa dell'udienza,Venezia, 26 novembre 2024

«È stata una decisione difficile, in una situazione delicata. Ci abbiamo pensato bene. Alla fine, dal momento che Filippo Turetta ha rinunciato al suo ricorso accettando la condanna all’ergastolo prendendo così una decisione importante, e considerando che - date le circostanze - la pena non sarebbe stata superiore anche in caso di riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dello stalking, abbiamo deciso di rinunciare all’appello, perché una pena certa e definitiva è preferibile e impagabile rispetto ad un nuovo processo. Anche per cercare di chiudere il capitolo giudiziario e sdrammatizzare il suo peso mediatico».

Così il procuratore generale della Corte d’Appello di Venezia, Federico Prato, spiega la decisione di rinunciare all’appello e, quindi, di abbandonare il proposito di contestare all’omicida 23enne anche le aggravanti della crudeltà e dello stalking, non riconosciute in primo grado.

Niente crudeltà né stalking 

Per la Corte d’Assise di Venezia Filippo Turetta aveva ucciso con premeditazione l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, nella tarda serata dell’11 novembre, martoriandone il corpo con 75 coltellate, dopo essersi procurato online scotch resistente per imbavagliarla, almeno due coltelli, cartine dettagliate della zona dove occultare il corpo, redatto una lista dell’orrore delle cose sa fare.

Ma per i giudici di primo grado, il 23enne di Torreglia non avrebbe ucciso con crudeltà: quei 75 colpi che aveva inferto sul corpo e il volto della giovane donna sarebbero stati riconducibili alla sua «inesperienza e inabilità» ad uccidere.

Quanto allo stalking non vi sarebbe stato perché - per la Corte popolare presieduta dal giudice Stefano Manduzio, giudice a latere Francesca Zancan - Giulia Cecchettin pur inondata per mesi e mesi da migliaia di messaggi, avrebbe continuato a vedere Turetta di propria volontà, temendo che lui volesse farsi del male. Una sentenza che aveva fatto discutere.

Il ricorso: la rinuncia di Turetta

Contro la sentenza presentarono subito appello gli avvocati difensori Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, per impugnare l’aggravante della premeditazione, che aveva fatto scattare la pena dell’ergastolo.

Poco dopo anche il pm Andrea Petroni aveva presentato il suo ricorso, per ribadire che - al contrario di quanto deciso dalla Corte - vi fu crudeltà e persecuzione nell’agire di Turetta: «Immaginatevi cosa significhi essere bloccati, silenziati, feriti con quella violenza e sapere che stai andando incontro alla morte», scrive.

La rinuncia di Turetta

Il 10 ottobre è Filippo Turetta a vergare a mano su un foglio A4 la propria rinuncia all’appello:

«In questo momento ho maturato la convinzione e sento il bisogno (...) spinto dai forti sensi di colpa che provo di assumermi la piena responsabilità per quello che ho fatto di cui mi pento ogni giorno sinceramente, dal profondo del cuore pensando a lei e a tutto questo». Tutto scritto di getto, senza virgole o punti. Con la decisione «di rifiutare di affrontare i successivi gradi di giudizio e accettare la pena che ho ricevuto in primo grado».

Il Pg: «ergastolo pena massima»

Anche nel caso si fosse giunti a una condanna per crudeltà (raramente riconosciuta in sede penale) e per stalking, «la pena non sarebbe stata diversa dall’ergastolo», osserva ancora il Pg Prato. Per aggiungere all’ergastolo anche un periodo di isolamento per Filippo Turetta, infatti, sarebbe stato necessario superare i 5 anni di pena per le nuove aggravanti.

La reazione della parte civile

Per gli avvocati Nicodemo Gentile, Piero Coluccio e Stefano Tigani, legali della famiglia Cecchettin, la scelta della Procura generale è «coerente, giusta e pienamente condivisibile. La rinuncia dell’imputato rende definitiva la sentenza di primo grado e “cristallizza”, senza più margini di dubbio l’aggravante della premeditazione, tra le circostanze più gravi e subdole previste dal nostro ordinamento.

In una vicenda omicidiaria caratterizzata, di fatto, da motivi abietti, arcaici e spregevoli, espressione di una visione distorta del legame affettivo e di un’idea di possesso che nulla ha a che fare con l'amore e il rispetto».

Che accadrà il 14 novembre?

L’udienza della Corte d’Assise d’Appello comunque si aprirà, alle 9.30 del 14 novembre in aula bunker: indetta come udienza pubblica non può essere revocata. Il presidente Michele Medici formalizzerà la rinuncia delle parti e la condanna di Filippo Turetta all’ergastolo diventerà definitiva.

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