La basilica di Aquileia candidata a ospitare i negoziati di pace tra Ucraina e Russia
Il presidente di “Mitteleuropa” porterà la proposta alle istituzioni politiche e diplomatiche: “La basilica è un crocevia di popoli, culture e religioni, luogo simbolo attraverso cui sono passati santi e predicatori per portare il Cristianesimo in tutto l’Est Europa. La basilica non appartiene quindi né all’Occidente né all’Oriente, è un terreno neutrale”

“Abbiamo il dovere di provarci”: con queste parole il presidente dell’Associazione Mitteleuropa Paolo Petiziol, durante il 21° Forum Internazionale dell’Euroregione Aquileiese, ha lanciato l’idea di proporre la Basilica di Aquileia come luogo eletto per ospitare i negoziati di pace tra Ucraina e Russia.
“In Friuli Venezia Giulia – ha spiegato - abbiamo la fortuna di ospitare una reliquia dal valore inestimabile: la Basilica di Aquileia è un crocevia di popoli, culture e religioni, luogo simbolo attraverso cui sono passati santi e predicatori per portare il cristianesimo in tutto l’Est Europa.
La basilica non appartiene quindi né all’Occidente né all’Oriente: è un terreno neutrale e per questo è perfetta per parlare di cessate il fuoco e di pace. Dopo 50 anni di relazioni internazionali costruite e rafforzate sul campo attraverso l’Associazione Mitteleuropa, il mio impegno concreto è di contattare le autorità politiche, diplomatiche e religiose per proporre la Basilica di Aquileia come luogo di incontro tra Russia e Ucraina per i prossimi negoziati. Perché non tentare? Lo faccio per la mia terra, sapendo di avere al mio fianco il supporto della Regione Fvg in primis”.
Durante il Forum, infatti, sono emerse tutte le difficoltà dell’Europa occidentale che attraversa una profonda crisi politica ed economica. Quello che è certo è che bisogna arrivare alla pace tra Russia e Ucraina prima possibile: come ha detto il corrispondente di guerra Fausto Biloslavo, “la pace giusta non esiste nella storia, gli ucraini sanno benissimo che non verrà restituito nemmeno un centimetro dei territori occupati. Dobbiamo però lavorare per un congelamento della fine del fronte, cercando di evitare un quarto anno di guerra, ma andando verso il primo anno di tregua.”
Si è parlato molto anche di riarmo europeo. Come ha sottolineato Gianandrea Gaiani, direttore di “Analisi Difesa” e più volte consulente dei Ministeri della Difesa e degli Interni, “il riarmo dell’Europa è insostenibile in termini finanziari: non produciamo più acciaio, abbiamo poche industrie chimiche, ci siamo giocati l’energia a basso costo della Russia. In più, per l’Italia, riarmo significa aumentare il debito pubblico che è già altissimo, oppure reperire risorse tagliando la spesa sociale. Ma il rischio è il disastro economico e la destabilizzazione sociale.”
E come ha sottolineato Lamberto Zannier, già segretario generale dell’Osce e grande esperto dell’area balcanica, “realizzare il riarmo europeo è già di per sé difficile, ma prima di tutto bisogna avere una linea politica comune, una chiara strategia condivisa che non può avere zone di ambiguità o incertezza, soprattutto nei rapporti internazionali”.
Le difficoltà dell’Europa sono enormi, anche in temi più ampi rispetto al conflitto. Georg Meyr, professore di Storia delle relazioni internazionali all'Università di Trieste, ha dichiarato infatti che “l’Europa esiste a livello territoriale, ma non c’è un’Europa politica coesa e quindi ciò rappresenta già un primo grande ostacolo ad essere competitor dei grandi del mondo come Cina o Stati Uniti.”
Adriano Segatori, psichiatra, giornalista e consulente del tribunale di Gorizia, ha spiegato come “all’Europa di oggi manchino ormai tre grandi pilastri, ovvero identità, cultura e politica: abbiamo davanti un duro lavoro di recupero”.
Suddiviso in due panel dai titoli molto evocativi, “Guerra e Pace” e “Europa senza Europa”, il Forum ha visto la presenza di decine tra i più qualificati diplomatici europei, consoli ed ambasciatori. Per citarne alcuni, Miloš Prica, coordinatore nazionale della Bosnia Erzegovina presso la Central European Initiative, l’ambasciatore per la cooperazione internazionale Philippe Voiry che arriva dal Quai d’Orsay, Ministero degli Esteri della Francia e Aldo Amati, già ambasciatore italiano della Repubblica Ceca e consigliere diplomatico del Ministro Giorgetti.
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