La sfiducia supera l’ideologia: la politica ha un futuro solo se risponde alle domande di tutti

Si boccia chi non ha saputo intervenire: la differenza al seggio non la fa più la tradizionale spartizione del terreno delle opinioni e valori fra destra, centro e sinistra, quanto l’aspettativa di ottenere soluzioni

Marco Zatterin
Giorgia Meloni con Rishi Sunak, primo ministro del Regno Unito
Giorgia Meloni con Rishi Sunak, primo ministro del Regno Unito

Il cielo è in una istanza. E l’istanza è quella sollevata in questo complesso primo quarto di secolo dai cittadini di tutti i Paesi avanzati e democratici. C’è un livello diffuso di incertezza, un deterioramento manifesto della fiducia, un mare di paure vecchie e nuove, un’amplificazione dei problemi reali e percepiti, che insieme pongono gli elettori e le elettrici nello stato comune di rifiuto dello status quo.

La differenza al seggio non la fa più la tradizionale spartizione del terreno delle opinioni e valori fra destra, centro e sinistra, quanto l’aspettativa di sentirsi rispondere alle domande inevase. Non si segue l’idea o l’ideologia. Si boccia chi non ha saputo intervenire, inseguendo il cambiamento in nome delle soluzioni attese che ancora non state pensate e concretizzate.

Si guarda al risultato sperato e ritenuto necessario piuttosto che ai colori e ai princìpi della politica che una volta era sposata come squadra del cuore e che il tempo ha trasformato nel colpevole di ogni inutile immobilismo.

Vero o falso che sia, è facile affermare che la vittoria probabile dei laburisti nelle isole britanniche abbia radici analoghe a quelle che hanno portato il centrodestra ad affermarsi in Italia e che hanno fatto confluire milioni di voti sul Rassemblement National.

Nella stasi che non risolve la critica, complice una disinformazione dilagante che muta le percezioni in fatti, la bocciatura del liberale francese Macron ha una genesi simile a quella che pare destinata a mandare a casa il premier milionario Rishi Sunak, leader dei Tories che governano il Regno Unito da 14 anni.

In questo lasso di tempo c’è stata la crisi finanziaria, quella migratoria, gli stati sociali si sono incrinati, abbiamo patito una pandemia, temiamo per il clima e soffriamo per due guerre alle porte. Il complicarsi delle relazioni internazionali ha reso lo scenario fosco come non capitava da decenni.

I ricchi sono più ricchi, i poveri più poveri. Per i sudditi degli Windsor, la ferita è stata infettata ulteriormente dalla Brexit. L’ansia ha contaminato menti e coscienze senza riscontri ricevibili come adeguati.

È un dato che le disuguaglianze globali contemporanee sono vicine ai livelli dell’inizio del ventesimo secolo, quando eravamo al culmine dell’imperialismo occidentale. Dal 1990 a oggi l’uno per cento più ricco della popolazione globale si è accaparrato il 38% della ricchezza aggiuntiva accumulata, a differenza del 50% più povero che ha preso le briciole (il 2%).

Siamo corrosi dalla sensazione di perdita di sostegno sociale e dalla solitudine che dilaga. Il numero di persone che teme un futuro peggiore cresce a vista d’occhio. E le scelte di una politica sfilacciata, con gravi problemi di finanza pubblica, paralizzata dalla paura di sbagliare, non fanno che rendere i timori più netti e reali.

Il voto assume una dimensione simile al gioco del rosso e il nero alla roulette. L’elettore è indebolito e arrabbiato, pronto a credere persino alla demagogia di “età dell’oro” che non ci sono mai state e alla possibilità infondata di recuperarle.

I Tories hanno fallito? Votiamo Labour. Macron ci ha deluso? Ecco Le Pen. Tutto bene, ma poi la volatilità resta e la conseguenza è ineluttabile. Chi non rassicurerà e proteggerà davvero i propri popoli salterà alla prossima tornata.

L’ideologia è diventata un fantasma e con lei anche alcuni valori centrali, come i diritti e numerosi dettami costituzionali. Servono i Partiti della Considerazione. Chi vince – a Londra come a Parigi e Roma – non ha scelta. O affronta i problemi di tutti mettendo da parte gli egoismi di partito, o non avrà futuro.

E che non ne abbia un leader può anche preoccupare relativamente. Ma che a rischiare siano i popoli è una storia che ha tutti i contorni della tragedia.

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