Il premio Campiello Federica Manzon torna a casa come ospite a pordenonelegge: «Vi racconto la mia visione del Nordest»

L’incontro con Ginevra Lamberti, premio Mondello 2020: insieme hanno metafore e paradigma della costruzione identitaria di questa parte d’Italia

Federica Manzon ospite di pordenonelegge (FOTO PETRUSSI)
Federica Manzon ospite di pordenonelegge (FOTO PETRUSSI)

Era inevitabile che l’incontro “Il nordest e i suoi confini, tra storia e mondi immaginari” con Ginevra Lamberti e Federica Manzon si aprisse con un lungo applauso, un modo istintivo, spontaneo concesso al pubblico che vuole accogliere e insieme partecipare il proprio compiacimento per il premio assegnato solo poche ore prima all’autrice concittadina. Nella domenica di Federica Manzon c’è anche lo spazio per un incontro/confronto con la scrittura di Ginevra Lamberti, premio Mondello 2020, e delle loro due visioni di un Nordest che è necessariamente metafora e paradigma della costruzione, o meglio, decostruzione dell’identità.

Al centro, dunque, due romanzi, da una parte “Il pozzo vale più del tempo” pubblicato da Marsilio e firmato da Ginevra Lamberti, editorialista del quotidiano Domani, e dall’altra “Alma” edito da Feltrinelli e fresco dell’incoronazione di cui si diceva. Ma anche due protagoniste, Alma appunto e Dalia, due figure femminili perché “simbolicamente rappresentano – decifrerà Lamberti – la prospettiva di reazione e determinazione del soggetto debole al quale vengono forniti gli strumenti per esercitare la propria responsabilità individuale.”

A tessere le possibili affinità tra le due visioni di un Nordest simbolico, sia nella visione collettiva che in quella individuale, la giornalista e scrittrice Michela Fregona.

Si gioca quindi sulla dimensione temporale un primo tentativo analitico che mette a confronto l’ambito distopico nel quale si sviluppa la storia di Dalia, un Veneto post apocalittico, e una Venezia, mai nominata privata dall’acqua, e la dimensione del margine di Trieste meno immaginaria anche se portatrice inevitabilmente di un altrove perché “il paesaggio cui guardavo io – chiarisce Manzon - nasce dal confine, dall’idea di guardare al di là di qualcosa, verso qualcosa che è mancanza ma anche promessa di un altrove, dall’immaginare che dall’altra parte una vita diversa è sempre possibile, un paesaggio che parte da una linea fisica che però contiene sempre anche qualcosa di sconosciuto e di diverso.”

Ed è su queste dinamiche letterarie che si sviluppano altri confronti, il mare e l’acqua, gli spostamenti, i conflitti fra comunità, i rapporti con l’ambiente, con la storia e con la geografia, e alla supremazia simbolica di quest’ultima perché è la “geografica che ci definisce, non la storia” come sentenzierà il padre di Alma.

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