Elly Schlein: «Una legge per il salario dignitoso, migliaia di firme in Parlamento»
La segretaria del Pd: «Tema che riguarda il 70% degli italiani, il contrasto alla precarietà è una priorità». E sull’autonomia: «Daremo battaglia, siamo nettamente contrari a una riforma che spacca il Paese»

«I sondaggi li prendo sempre con le pinze, ma vedo il risveglio di una speranza tra la gente, un bel clima, c’è voglia di dare un’alternativa al paese ed hanno capito che questo passaggio è molto importante in questo senso».
Elly Schlein salta tra un comizio e l’altro tra sud e nord senza sosta, il tono della sua voce tradisce l’entusiasmo di chi si vede premiato dalle ultime intenzioni di voto, come quelle pubblicate ieri dai nostri giornali che danno il Pd sopra il 23 per cento nel Nord Est, a pochi punti dal partito della premier.
Ma oltre a chiarire che «il Pse non farà mai accordi per governare insieme in Europa con i partiti di Meloni e Salvini», a schierarsi per il riconoscimento dello stato della Palestina «che può solo aiutare la pace», la segretaria dem rilancia gli investimenti comuni in Europa per le filiere industriali - tema caldo per molte imprese del nord. E ribadisce un no senza appello all’autonomia differenziata «che spacca l’Italia e mette a rischio l’unità nazionale».
Ma l’attenzione di Schlein è anche rivolta a costruire un’alternativa al governo delle destre. E la tornata di amministrative del 9 giugno può essere un altro laboratorio utile. «Sono la più unitaria di tutti, faccio tante tappe dove abbiamo costruito coalizioni per le amministrative che tenessero insieme tutte le forze alternative alla destra. Su 27 comuni capoluogo, in almeno 21 c’è un accordo E questo per noi è un segnale importante».
E sente un’aria di rimonta?
«Sono felice di aver visto cambiare la percezione, era un po’ che il Pd non si vedeva nelle piazze ed è sempre un’incognita buttare il cuore oltre l’ostacolo, ma questo calore mi sta dando la forza di fare settantasette tappe in venti giorni senza sentirle».
Quali sono le proposte forti di questa campagna?
«Le prima priorità è la sanità pubblica, con una legge alla Camera per mettere più risorse sulla sanità pubblica, per arrivare alla media europea del 7,5 del pil e poi di sbloccare le assunzioni e fare un piano straordinario per il personale. Ovunque vada, sento esperienze drammatiche di persone che non riescono a curarsi, perché i reparti si stanno svuotando e le liste di attesa si allungano al punto che le persone aspettano un anno e mezzo per un esame. Una sanità in cui chi ha i soldi va dai privati, chi non li ha sta rinunciando a curarsi. E non dimentichiamo che noi abbiamo il diritto alla salute nella nostra Costituzione».
In tal senso che effetto avrà l’autonomia differenziata tanto attesa al nord?
«Daremo battaglia alla Camera, siamo nettamente contrari a una riforma che spacca il paese. Si vuole certificare che ci sono cittadini di serie A e di serie B e chi è al Sud farà ancora più fatica ad accedere ai diritti fondamentali: salute, scuole, trasporti pubblici locali. C’è una intenzione chiara di cristallizzare i divari e di ampliarli».
L’altra vostra priorità resta il salario minimo?
«Il lavoro dignitoso in generale, il contrasto alla precarietà, che passa per una raccolta firme su una legge popolare per chiedere una norma sul salario minimo, siamo l’unico paese europeo in cui i salari reali sono diminuiti rispetto al 1990».
Ma il governo l’ha già affossata in Parlamento…
«E senza neanche avere il coraggio di affossarla con un voto contrario. Per questo noi vogliamo riportarla in parlamento con la forza di migliaia e migliaia di firme dei cittadini. Questa proposta riguarda il 70 per cento di italiani favorevoli al salario minimo, anche quelli che hanno votato Meloni».
E come si tradurrà questa battaglia in Europa?
«In Europa è stata approvata una direttiva ma noi proponiamo alla commissione europea di abolire gli stage gratuiti, con cui non ci paghi un affitto di casa e che sono diventati l’esclusiva forma di accesso al lavoro delle nuove generazioni. Questa destra è ossessionata dalla migrazione e non ha visto l’emigrazione di tanti giovani che studiano ma poi con i contratti così precari e salari bassi, si sentono costretti ad andare altrove».
Ci sono spiragli per una gestione comune europea dei migranti?
«Faremo una battaglia per la solidarietà europea. Che non è quella del patto che ha accettato la destra, che continua a bloccare le persone ingiustamente in Italia. Abbiamo bisogno che tutti i paesi europei facciano la loro parte sull’accoglienza in modo condiviso. Vogliamo fare ciò che Meloni non ha il coraggio di fare: dire ai suoi alleati nazionalisti come Orban, che non si possono volere solo i benefici di far parte dell’Ue se non si condividono le responsabilità che ne derivano».
Con l’estate alle porte, come si dovrebbe regolare l’Italia con le Ong del mare?
«Chiediamo una missione di ricerca e soccorso europea per salvare le persone, è assurda questa battaglia contro le Ong che hanno solo fatto ciò che i governi e l’Ue dovrebbero fare: evitare i naufragi e le morti in mare. Ma ieri abbiamo svelato con un blitz in Albania che ci sono 70 mila metri quadrati di nulla e non centri per la detenzione di migranti che dovevano essere pronti il 20 maggio: e i costi di questo spot elettorale sono lievitati a 800 milioni».
Dopo che il gruppo di Salvini e Le Pen ha espulso gli estremisti di Afd per allinearsi ai conservatori di Meloni, lei teme un governo di centrodestra in Europa dopo le elezioni?
«A me sembrano operazioni ipocrite di facciata. Non vedo le differenze tra le dichiarazioni folli di Afd sulle Ss e quelle di Eric Zemour, razzista, misogeno, omofobo, fan di Putin, che Meloni ha accolto a braccia aperte dentro la famiglia europea che presiede. Io sono andata a Berlino insieme Sholtz e a tutto il Pse ad assumere un impegno solenne che noi mai faremo alleanze o coalizioni con dentro Id (il gruppo di Salvini e Le Pen) o Ecr (i Conservatori di Meloni), perché non vediamo differenze tra questi nazionalisti. Per noi la posizione è molto chiara ed è grave che Von der Leyen abbia lasciato ambiguità sulla possibilità di allargare l’alleanza della prossima commissione Ue».
Con la guerra alle porte è importante avere una difesa comune europea?
«Parto da qui: sono una federalista europea, bisogna superare l’unanimità e il potere di veto degli stati e ci vuole una politica estera e di difesa comune. Non ci convince una scatola vuota di un commissario europeo. Vanno ottimizzati gli investimenti comuni e non con un aumento lineare della spesa dei paesi senza condividere la politica estera. L’Europa deve restare un progetto di pace e non un’economia di guerra. E penso che le sfide cruciali del futuro come l’emergenza climatica vadano affrontate con una visione. Serve un grande piano industriale europeo proseguendo la strada degli investimenti comuni europei. Il Next generation Ue deve proseguire, è una finestra che non si deve chiudere, la destra nazionalista non ha mai creduto in un Europa degli investimenti comuni per obiettivi comuni. L’Italia invece ne ha bisogno».
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