Carlo trovato con il sonar dopo 11 ore di ricerche: «Abbiamo fatto di tutto»

Le lacrime dei soccorritori: «Speravamo di vedere il suo costume giallo». Aperto un fascicolo a carico di ignoti, non c’è intenzione di indagare la madre

Marta Artico, Laura Berlinghieri
Le ricerche notturne del piccolo Carlo Panizzo (foto Bortoluzzi)
Le ricerche notturne del piccolo Carlo Panizzo (foto Bortoluzzi)

Il suo corpicino è stato rilevato dal sonar, posizionato a bordo di uno dei gommoni dei sommozzatori. Era Carlo. Dopo queste infinite undici ore di ricerche, per terra e per mare.

C’erano i vigili del fuoco e le forze dell’ordine, la guardia costiera e la capitaneria di porto. Oltre ai bagnini degli stabilimenti balneari, oltre a questa marea umana di bagnanti, che si è resa barriera, nella speranza di trovarlo.

Il 9/o Maritime Rescue Sub Centre della Direzione Marittima del Veneto a coordinare le ricerche, mentre la Guardia costiera si è mossa con una motovedetta, due gommoni e alcune pattuglie via terra, arrivate da Venezia e da Jesolo. C’erano la Polizia di Stato, con due elicotteri. E altrettanti erano dei Vigili del fuoco, con i sommozzatori e un mezzo nautico. E poi un elicottero della Guardia di finanza.

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Carlo Panizzo

In serata, è arrivato anche un aereo Manta Atr-42 della Guardia Costiera, fatto decollare direttamente da Pescara, per la sua capacità di scandagliare i fondali anche di notte.

«Abbiamo davvero fatto di tutto per trovare Carlo» allarga le braccia un pompiere, commosso.

Ci hanno provato tutti e in tutti i modi. Non è servito. Martedì, un bagnino non si è allontanato dagli scogli un solo momento. Era giovanissimo e piangeva, pensando a Carlo, che quasi certamente nemmeno conosceva.

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Erano stati i tre fischi prolungati di un collega – quelli che la gente di mare conosce bene: significa che c’è un intervento di soccorso in atto – a dare l’allarme, il pomeriggio prima. Tre fischi prolungati, che hanno rotto l’estate.

Chi frequenta la spiaggia di Cavallino conosce le sue insidie: le buche sul fondale, soprattutto in prossimità degli scogli, e il conseguente rischio dei vortici. L’incubo di ogni genitore.

Carlo era sorvegliato a vista dalla mamma, ma è bastato un attimo: il classico frammento del tempo che trasforma le quotidianità in tragedie.

I soccorritori ci hanno provato in tutti i modi. Ricoprendo di luce l’acqua. Istruendo i bagnanti, per costruire la squadra di ricerche più imponente possibile. Perlustrando il fondale del mare, con gli strumenti più sofisticati, capaci di emettere onde sonore nell’acqua e misurarne il tempo di ritorno e l’intensità dell’eco. E poi i bagnanti: prima con la catena umana, immortalata nelle fotografie; e poi, nella notte, con le torce dei cellulari, a cercare di squarciare il buio, nell’acqua e sulla sabbia.

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I più sofisticati strumenti di ingegneria e informatica abbinati ai più rudimentali drappelli di speranza. «Abbiamo fatto una ricerca palmo a palmo, ma non è stato facile: l’acqua era torbida e mossa, e questo ci impediva di vedere dall’alto» racconta un pompiere, «Il bambino aveva un costume giallo, avrebbe dovuto essere visibile. Ci speravamo. Ma non ce l’abbiamo fatta».

Adesso servirà indagare, per capire. Al momento, la Procura di Venezia ha aperto un fascicolo "modello 45" intestato a ignoti, ovvero uno di quei fascicoli nei quali si raccolgono informazioni, ma non si intravedono responsabilità o reati.

La Procura – davanti a una tragedia tanto grande – non sembra intenzionata a sollevare accuse di mancata vigilanza nei confronti della madre. La pubblico ministero Federica Baccaglini resta però in attesa degli atti della Guardia Costiera con la ricostruzione dell'accaduto, per decidere se disporre eventuali nuovi accertamenti, come l'autopsia; anche se, al momento, le cause della morte del piccolo per annegamento risultano evidenti.

La volontà è quella di restituire quanto prima il bimbo alla famiglia, per l'ultimo, straziante, saluto.

 

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