Chirurgia dell'anca, la rivoluzione è tecnologica
Tempi di recupero rapidissimi e interventi più efficaci permettono oggi a moltissime persone, anche giovani, di tornare velocemente alla normalità anche in caso di gravi incidenti

Nella chirurgia moderna la parola d’ordine è mini invasività. Interventi ad alto tasso tecnologico che richiedono perizia da parte del chirurgo, ma che ai pazienti garantiscono risultati migliori, minori fastidi e tempi di recupero estremamente rapidi. Anche in un campo complesso come la chirurgia protesica dell’anca si tratta di un approccio ormai consolidato, che unito allo sviluppo di protesi di nuova generazione permette oggi di ottenere risultati impensabili anche solo un paio di decenni fa.
“Anche il paziente giovane ora può affrontare un intervento di protesizzazione e riprendere la normale attività sociale, familiare e sportiva, sempre entro certi limiti, come ciclismo, trekking, o sci di fondo”, spiega Paolo Esopi, specialista in ortopedia e traumatologia fin dai primi anni ‘90, e oggi fra i migliori esperti a livello nazionale nella chirurgia protesica. “L’obiettivo delle tecniche mini invasive è quello di restituire una nuova normalità a chi convive con un’invalidità meccanico funzionale. Questo deve avvenire attraverso un’eccellente tecnica chirurgica che si combina a materiali all’avanguardia, ma anche a un controllo post operatorio e un iter riabilitativo attento”.
Lo stesso approccio può essere applicato anche ad altri campi della chirurgia ortopedica, come la chirurgia conservativa dell’anca, dove permette di affrontare in modo innovativo patologie forse meno note, ma estremamente impattanti, come le lesioni agli abduttori dell’anca. “Si tratta di lesioni della cuffia degli abduttori dell’anca, che sono come le lesioni dei tendini retroattivi della spalla”, spiega Esopi. “Grazie a tecniche di ultima generazione invece di procedere solo con la fisioterapia, si interviene mediante il reinserimento dei tendini sul Gran Troncadere, così come si fa da anni con la rottura della cuffia dei rotatori della spalla”.

L’intervento, adottato da Esopi in seguito al confronto con un team di colleghi spagnoli, è meno impegnativo per i pazienti rispetto all’impianto di una protesi. Ma si fa complesso sul versante della riabilitazione, un campo in cui nel caso delle lesioni tendinee traumatiche c’è ancora molto da lavorare, considerato anche che per un ottimale ritorno alla normalità è necessario intervenire velocemente in termini di recupero funzionale. Si fa quindi essenziale non solo l’esperienza del chirurgo che opera, ma anche l’interazione con il fisioterapista e tutte le altre figure professionali che collaborano nella presa in carico del paziente. “Il chirurgo è sempre colui che è più in contatto con il paziente, ma il recupero, l’assistenza al dolore, è un importante lavoro d’equipe”, ricorda Esopi, che di questa forma innovativa di chirurgia conservativa si occupa dal 2017, e oggi svolge la sua attività chirurgica presso il Policlinico Triestino e il poliambulatorio specialistico Friulmedica di Codroipo.
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