Mori e De Donno, ostacoli a inchiesta Ros su mafia e appalti

Toni polemici durante l'audizione in Commissione antimafia

ggi (ANSA) - ROMA, 13 MAG - L'inchiesta del Ros su mafia e appalti, che aveva avviato un nuovo metodo investigativo, all'inizio degli anni Novanta subì ostacoli anche nell'ambito della magistratura palermitana. Davanti alla Commissione parlamentare antimafia l'ex comandante del Ros, Mario Mori, e il suo braccio destro Giuseppe De Donno hanno riproposto una linea critica già tracciata durante l'audizione del 16 aprile che oggi è proseguita con qualche approccio polemico. La tesi di fondo sostenuta da Mori e De Donno accredita l'idea che il dossier su mafia e appalti, su cui nel 1992 aveva rivolto il suo interesse Paolo Borsellino, sia il principale movente dell'attentato di via d'Amelio. Oggi Mori ha alzato il tono della sua audizione sostenendo che quel dossier è stato fortemente ostacolato in quella fase dalla Procura guidata da Pietro Giammanco: non avrebbe voluto valorizzare il collegamento tra gli appalti e il sistema politico. "Si perdeva così di vista - ha osservato Mori - un'attività investigativa che allargava lo sguardo e avrebbe potuto ottenere altri risultati". Mori ha lamentato che altri freni venivano dalla politica e dal "tombale silenzio" calato su un'indagine sottoposta a un'operazione di "smembramento" tra gli uffici giudiziari di Palermo, Catania e Caltanissetta. L'obiettivo sarebbe stato quello di evitare l'estensione dell'attività investigativa per la quale lo stesso Giovanni Falcone pensava a una interconnessione con l'indagine milanese di Mani pulite. Gli interventi di Mori e De Donno, che hanno seguito le tracce del loro libro "L'altra verità", hanno suscitato varie domande e interventi polemici tra esponenti della maggioranza di centrodestra, che hanno sostenuto la tesi dei due ufficiali, e quella dell'opposizione, M5S e Pd.. (ANSA).

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto