«Macron non ha nulla da spartire con Salvini»

«Il movimento #metoo è il rifiuto della dominazione sessuale maschile: sono d’accordo con la denuncia degli abusi di potere e sessuali e allo scoppio del caso Weinstein sono stata interpellata da più parti per il mio ultimo lavoro, che narra di uno stupro, ma la ragazza del ’58 che racconto non ha nulla a che vedere con le donne del nostro tempo. La scrittura permette molta più complessità rispetto a un movimento come questo, irriducibile a uno slogan o a una presa di posizione». Lo sguardo distaccato, la capacità di rievocare un tempo passato come vissuto, calarsi nella memoria per ritrovare “quel” presente: un filo rosso che guida la vita e la scrittura di Annie Ernaux, premio Hemingway alla letteratura della 34º edizione del festival che, ieri sera, ha incontrato il pubblico al centro congressi Kursaal di Lignano Sabbiadoro e oggi, alle 18, sarà celebrata assieme agli altri tre premi al Cinemacity.
Classe 1940, la scrittrice nata a Lillebonne, racconta la sua esperienza, si etichetta una “transfuga di classe” e parla delle sue origini sociali, simili a quelle realtà dell’Italia del Sud del neorealismo, poi diventata donna di cultura. «Due mondi che mi hanno dato la capacità di attraversare il lutto sociale – dice – e la scrittura mi ha aiutato ad alimentare le simpatie per diverse classi».
Penna che non ha paura del passato, nel bisogno di guardarsi indietro e analizzare il vissuto, Ernaux è anche voce critica nella sua capacità di leggere e analizzare la contemporaneità senza fare sconti alla politica del suo Paese. Una Francia nella quale oggi coesistono due anime, una aperta e accogliente e l’altra «paurosa, diffidente dell’altro, che si ripiega su se stessa», dove non ci sono più contrapposizioni alla destra e Macron, «che non ha nulla da spartire con Salvini, non solo ha dimostrato prima un atteggiamento aperto e poi estremamente liberale, ma non ha preso posizione sulla questione dei migranti».
A Lignano, che si sente onorata di ospitare «testimoni del nostro tempo e pezzi di letteratura internazionale», come sottolineato dall’assessore comunale alla Cultura Ada Iuri, anche il professore di neuroscienze e psicologia Antonio Damasio, premio Hemingway per “L’avventura del Pensiero”, che ha parlato del suo ultimo volume “Lo strano ordine delle cose” edito da Adelphi, in cui approfondisce l’evoluzione della mente sottolineando il ruolo dell’omeostasi nella creazione delle culture.
«Si ritiene che tutti gli strumenti che creano cultura derivino dall’intelligenza, ma io mi discosto e oltre a far risalire tutto a molto prima, a quando esistevano creature non umane senza sistema nervoso, affermo che sono i sentimenti arbitri delle scelte – spiega Damasio –, troppo spesso dimenticati seguendo l’impronta razionalista, ma indispensabili per le culture e vera e propria spinta motivazionale».
Se cervello e cognitivismo sono stati imperanti nel XX secolo, anche «se si dimentica che sono arrivati tardi nell’equazione della vita – sono le parole del professore –, in cui l’interazione tra corpo e ambiente è fondamentale», il nostro oggi è dominato dalle tecnologie, che da un lato aiutano la comunicazione e accorciano le distanze e dall’altro spiano gli esseri umani nella vita privata. «Ci sono molti motivi per essere positivi e ottimisti – ha concluso – ma anche estremamente prudenti».
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