“Lunario sentimentale”: Mauro Corona racconta un mondo che non c’è più
Il libro dell’alpinista di Erto tra memorie e riflessioni: «La scrittura mi sta salvando dall’autodistruzione»

“È come quando ad agosto senti l’autunno sulla pelle. Mi resta poco. Ma se “Le altalene”, il libro precedente, è il mio testamento, che ho scritto per non morire frainteso, questo lo definirei più tenero, più allegro, di memorie ma senza nostalgie. Perché sto bene, adesso”. È spiazzante, come sempre, Mauro Corona, e anche per questo amatissimo dai suoi lettori, che ieri sera hanno affollato il PalaPaff! per ascoltarlo, sul palco insieme alla figlia Marianna, autrice del romanzo “Vèinte. Le streghe del vento”.
Del suo nuovo libro “Lunario sentimentale” (Mondadori), in realtà parla poco all’incontro con la stampa. «Mi piaceva ricordare un mondo che non c’è più, quando i mesi li chiamavano in base ai lavori della terra che prevedevano», dove ogni stagione si viveva nell’ascolto e nel rispetto della natura. “I cambiamenti climatici oggi mi avviliscono, mi preoccupo per chi verrà dopo di noi, per i miei nipoti. Che mondo troveranno? Avevamo un frutto bellissimo, la terra, ma l’uomo, invece di vivere con quello che gli è necessario, deve devastare”
Un libro, Lunario sentimentale, impreziosito dai disegni di Matteo Corona, uno dei suoi tre figli. Proprio parlando di loro (“che sono riuscito a far laureare con grandi sacrifici”), la chiacchierata con i giornalisti restituisce un Mauro Corona molto intimo, capace oggi di raccontare di sé e di un passato segnato dalla sofferenza con un senso di riappacificazione. «Quando ho proposto i suoi lavori alla Mondadori, mi sentivo in imbarazzo, ma poi ho pensato che ci sono esempi illustri di padri che sostengono i figli e che per un figlio posso anche sopportare l’onta di un po’di vergogna».
Di Marianna, che poco più tardi incontrerà davanti al pubblico (“anche questo è un altro imbarazzo dal quale non posso sottrarmi”) sottolinea «la necessità di scrivere per salvarsi, per uscire dal suo inferno», ricordando la malattia contro la quale ha coraggiosamente combattuto e che non ha risparmiato nemmeno i fratelli. La montagna è la genesi comune delle storie che Mauro Marianna regalano ai lettori. «Del resto da lì veniamo, lì siamo nati e cresciuti, a Erto, che significa ripido e nel dizionario dei sinonimi aggiungono “pericoloso e molto scosceso».
Diventa quasi una confessione la conferenza stampa di Mauro Corona, che dice di aver lavorato molto su se stesso in quest’ultimo anno e mezzo. «Attraverso la scrittura mi sto salvando dall’autodistruzione. Quando scalo non riesco a dimenticare le mie paure e nemmeno quando scolpisco riesco a cancellare i miei incubi, che sono parecchi, uno dei quali è l’alcol, che crea sensi di colpa, ti fa perdere la dignità. Devo fare delle cose per dimenticare e soltanto quando scrivo ci riesco. Non sono più io, lì, davanti al foglio di carta. Fuori dal mondo c’è un uomo che mi racconta una storia e io la ascolto».
Corona spiega di essere molto cambiato, negli anni, lottando per uscire da una vita difficile, che ebbe una svolta con la pubblicazione del suo primo libro di racconti, “Il volo della martora”. «Ho sgomitato, me la prendevo con i premi letterari che non mi consideravano, e avevano ragione, ma l’ho capito soltanto dopo, analizzando me stesso. Oggi, invece di arrabbiarmi con gli altri, ho imparato a vedere il buono che c’è in loro. Una volta avrei cercato la rissa, ero entrato in un mondo dove la competizione era feroce, ma a un certo punto bisogna fare la risacca di se stessi. E per il tempo che mi resta vorrei vivere serenamente, non felice... ma contentino direi».
C’è spazio anche per parlare della sua esperienza televisiva, che lo vede da tempo spalla di Bianca Berlinguer e di una notorietà che, per sua ammissione, comincia a pesargli. «Sono lì soprattutto per dare voce a chi non ce l’ha, sono tante le cause che ho portato all’attenzione del pubblico, ma mi chiedo cosa ci sto ancora a fare visto che tutte le mie richieste sono rimaste inascoltate. Anche perché dei soldi oggi non mi importa, non so che farmene, sono un uomo che conduce una vita semplice». —
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