In libreria “Colui che è nell’ombra”: il nuovo romanzo di Hans Tuzzi è un viaggio nella nobiltà del Friuli feudale

Edito da Bollati Boringhieri, il libro è una saga familiare che attraversa quattro generazioni. La storia dei conti Avogadro si intreccia con quella del Paese

Mary Barbara Tolusso
A destra Hans Tuzzi, a sinistra la copertina di Colui che è nell'ombra
A destra Hans Tuzzi, a sinistra la copertina di Colui che è nell'ombra

Lui è nato a Milano, ma certamente nell’opera di Hans Tuzzi influisce il ramo materno viennese-goriziano. Il Friuli o il nord est spesso fanno da sotto trama ai suoi romanzi o racconti, oltre al ciclo dedicato all’agente asburgico Neron Vukcic. Tuzzi è scrittore colto, saggista oltre che narratore, motivo per cui le sue opere sono un compendio di conoscenza, diviso spesso com’è tra narrativa d’invenzione e folclore. È in libreria il suo ultimo lavoro Colui che è nell’ombra (Bollati Boringhieri, 176 pagine, 15,20 europ), una vera e propria saga famigliare.

La storia è quella dei conti Avogadro, sviluppata per quattro generazioni. Nobile famiglia friulana, gli Avogadro vivono in una villa secentesca che si eleva da una bassa collina. Dal 1936 ad oggi Tuzzi ci mette a parte dei momenti più significativi, la storia domestica si intreccia a quella nazionale: dal fascismo agli anni ’20 del terzo millennio. Tuttavia l’autore non si limita a una trama lineare, diacronica. Spesso gli eventi si susseguono contemplando incisi che ci riportano indietro nel tempo, tanto che dei nobili Avogadro veniamo a scoprire anche gli avi, gli antenati e le loro nere leggende. Storie di famiglia dall’aria goticheggiante insomma.

È sempre stato un talento di Tuzzi, quello di inserire il fascino delle tradizioni popolari, quando alle porte si metteva «l’erba carlina contro le streghe e gli uomini mangiavano carne di picchio contro l’impotenza». Ma questo, appunto, era il mondo abitato dalla storia dei primi nobili di cui l’autore ci narra. Lo spaccato del Friuli muta di anno in anno, dalla villa patrizia, epicentro di un mondo feudale e per certi aspetti magico, ai capitani d’industria post 2000, non senza passare attraverso il boom economico degli anni ‘60. Le donne, in parte, stanno di lato. Sono donne piuttosto silenziose, ce le immaginiamo eleganti, dedite per lo più a questi rampolli aristocratici che stanno a rappresentare i valori (e disvalori) di ogni epoca. Eppure forse le storie più avvincenti le riguardano. Come quella della contessa Eleonora, moglie di Cesare (figlio di Costanzo), segnata dalla presenza di un’ombra, terrorizzata al punto di perdere una figlia e che infine morirà suicida.

Dopo Cesare ci saranno Curzio e infine ancora un Costanzo. Sarà proprio quest’ultimo, che porta lo stesso nome del bisnonno, a rappresentare lo scontro più acuto fra generazioni. Bello, dandy, brillante, ma decisamente più che simpatizzante verso ideali nazisti. Così che le magiche cacce alla volpe o al tasso dei tempi passati, sembrano solo un vago ricordo di un mondo oramai inesistente. Il male che infine mostra il suo volto dietro una facciata di raffinatezza, era però già anticipato da un sinistro dipinto, lì dove un antenato, il conte Curzio, era ritratto con acquattato sulla sua spalla il Giàvul, una sciamma dallo sguardo lubrico e diabolico. Di misteri ce ne sono parecchi, intorno alla villa degli Avogadro si manifestano strani fenomeni che coinvolgono i morti, ma anche tra i vivi si mantiene qualcosa di oscuro e arcano. I

l Friuli insomma ci seduce con i suoi miti e le sue leggende, forte di riferimenti che si perderanno completamente in quel futuro virtuale dove «grazie ai social si vive in una società di asociali» . A dircelo, a fare una sorta di sintesi tra quello che è stato e quello che sarà, è Domenico Rigolato, l’intendente degli Avogadro. È lui la voce narrante, dall’inizio alla fine. Lo sarà per tutte e quattro le generazioni.

Ci parlerà anche lui da una specie di mondo virtuale, una dimensione destinata allo spirito o qualcosa del genere. E sarà sempre lui, tra le tante riflessioni destinate all’uomo e ai nuovi contesti, a chiedersi, per esempio, quanti fra noi civilizzati sanno «che l’equilibrio mentale dell’umanità dipende anche da una proiezione metafisica, e non soltanto dal trionfo del pensiero tecnico e scientifico». —

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